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Пројекат Растко Италија: Stefano Aloe : Angelo De Gubernatis e il mondo slavo (Conclusioni)

Stefano Aloe

Angelo De Gubernatis e il mondo slavo (Conclusioni)

Angelo De Gubernatis e il mondo slavo . Gli esordi della slavistica italiana nei libri, nelle riviste e nell'epistolario di un pioniere (1865-1913) . Studi slavi e baltici. Dipartimento di linguistica. Università degli Studi di Pisa, N. 1 - 2000 Nuova Serie, Collana di studi e strumenti didattici diretta da Giuseppe Dell'Agata, Pietro U. Dini, Stefano Garzonio, Pisa: Tipografia Editrice Pisana, 2000.

 

CONCLUSIONI

Angelo De Gubernatis morì il 26 febbraio del 1913, molto noto eppure già destinato all'oblio: le sue rumorose iniziative non lasciano quasi alcun frutto, rapidamente superate da studi specialistici e meditati ben più dei suoi; inoltre, l'università italiana non gli perdonò la maniera con cui era arrivato alla prestigiosa cattedra romana di italianistica: più che il suo curriculum, per la verità abbastanza modesto in quel campo, erano valse le sue amicizie governative, suscitando lo scandalo (secondo lui l'invidia) di molti colleghi.[1] Per questo motivo, anche quanto di buono egli aveva fatto per la cultura italiana, e non è poco, è andato dimenticato, soffocato da una fama negativa e quindi dall'oblio; ma ciò non è andato perduto, poiché gli impulsi dati da De Gubernatis in varie direzioni furono spesso raccolti e sviluppati da altri. Così, il suo contributo alla diffusione della russistica in Italia, ripreso da Domenico Ciampoli e Federigo Verdinois a livello di studi letterari e di traduzioni e pressoché da tutta la stampa italiana a livello divulgativo, è stato notevole e, sebbene fosse comunque una questione di tempo che si arrivasse a riconoscere il valore della letteratura russa, senza il suo contributo si sarebbe dovuta attendere perlomeno l'ondata francese, che nel 1886, con la pubblicazione del libro di Melchior de Vogüé Le roman russe, diede il la alla moda del romanzo realista russo (In effetti, Tolstoj e Dostoevskij vengono accolti in Italia solo dopo l'apparizione del libro di de Vogüé: De Gubernatis li aveva sì presentati, ma sottostimandoli, senza capirli e senza ottenere effetti rilevanti). Non è la qualità degli scritti di De Gubernatis il grande merito della sua azione, nonostante alcune pagine veramente felici: gli stessi scrittori da lui propagandati, come Aleksej Tolstoj, Žemčužnikov e perfino Gogol' non ebbero alla lunga grande successo (Gogol' sì, ma molto più avanti); uniche eccezioni sono forse Lermontov e Turgenev, che furono per lungo tempo gli scrittori russi più popolari in Italia. Il vero valore dell'opera di divulgazione di De Gubernatis sta nella divulgazione stessa, nella sua spinta propulsiva e nella serietà con cui egli affontò l'impegno; non dimentichiamo che De Gubernatis è stato uno dei primissimi in Italia a riconoscere la dignità della letteratura e in generale della cultura russa. Il fatto di creare un interesse in questo senso era senz'altro il suo scopo principale: una volta create le basi perché altri si dedicassero alla Russia, De Gubernatis si ritirò, rivolgendosi ad altri campi inesplorati, sempre desideroso di originalità. La sua è l'attività del pioniere, da cui ci si attende l'apertura di nuove piste, ma da cui non si può pretendere la perfezione e la profondità che solo chi ne seguirà le tracce potrà raggiungere. Quando la cultura russa diventò di moda e da più parti cominciarono a pubblicarsi articoli e traduzioni inerenti ad essa, De Gubernatis perse interesse per il tema invece di specializzarsi ulteriormente. Le riviste da lui fondate e dirette, o che semplicemente l'ospitarono, anche dopo di lui continuarono a sfornare saggi, traduzioni e notizie russe e slave: così la «Rivista europea», anche se con un indirizzo nettamente meno filorusso, così la «Nuova antologia», la «Revue internationale» e «Natura e arte». Il tentativo di creare in Italia un foglio di slavistica, tentativo senza dubbio prematuro ma lodevole, non si attuò; difficile prevedere quale impatto avrebbe avuto, anche se molto probabilmente sarebbe fallito come altri tentativi analoghi fatti da De Gubernatis (in primo luogo la «Rivista orientale»): mancava infatti un pubblico specializzato a cui rivolgersi. Come detto in precedenza, la comparsa di specialisti delle russistica come Ciampoli e poco più avanti Verdinois fu salutata da De Gubernatis quasi come il compimento dei suoi sforzi: ora c'era chi potesse dedicarsi professionalmente al tema. La divulgazione della letteratura russa cominciava ormai ad acquistare un diverso spessore, sebbene solo negli anni '20 del '900 raggiungerà anche in Italia dignità scientifica, grazie soprattutto a Ettore Lo Gatto.

La fine del compito divulgativo non è comunque l'unico motivo del progressivo abbandono d'interesse per la Russia da parte di De Gubernatis. Egli vi era legato in primo luogo a livello personale ed affettivo. In una sua lettera del 1892 ad Aleksej Žemčužnikov, De Gubernatis stesso spiega i motivi personali che lo allontanano dalla Russia:

    Je me suis attaché à Vous, et je Vous cherche souvent par ma pensée. Je cherche aussi mes souvenirs de Russie, laquelle, après la mort du compte Tolstoi, après votre départ s'est bien éloignée de moi, quoiqu'elle ne me soit point indifférente. Je ressens souvent le bésoin d'entendre des nouvelles des Russes que j'ai connus et aimés, et leur silence et leur absence me sont pénibles.

    J'ai prié ma femme de me traduire vos vers sur le printemps dans le désir d'avoir ce prétexte de vous rechercher par le monde. Maintenant je suis hereux de Vous avoir retrouvé.[2]

Oltre alla morte di Aleksej Tolstoj, una perdita fondamentale per De Gubernatis fu quella di Elizaveta Bezobrazova nel 1881: era la sua più grande confidente, non solo dal punto di vista letterario, e la sua mancanza si nota per esempio nella «Revue internationale». Inoltre, vanno messi in conto gli insuccessi come corrispondente per le riviste russe, a partire dallo scioglimento del sodalizio con Stasjulevič; la progressiva perdita di contatti con validi collaboratori ed amici come Léger, Buslaev, Boborykin, Drahomanov; le malattie di Sof'ja Nikitenko, ormai soltanto lontana amica e non più collaboratrice. La «Revue internationale» rappresenta l'ultimo sforzo per rimanere legato professionalmente alla Russia: in una lettera ad Ol'ga Smirnova, De Gubernatis scrive con una certa amarezza:

    Quant'à la Russie, je continue à faire des grands sacrifices pour elle. Esperons que l'avenir me donne raison: Et en tout cas, je lutterai jusqu'au bout.[3]

Forse possiamo dire che l'avvenire avrebbe dato effettivamente ragione a De Gubernatis, anche se la sua lotta per la «Revue» non ebbe esito felice.

La passione e l'energia con cui quest'uomo ha contribuito alla nascita della slavistica italiana, o per lo meno alla sua preparazione, vanno controbilanciate con i grossi limiti della sua opera: superficialità, dispersione e, a livello caratteriale, la presunzione, che lo spinse più volte a passi più lunghi della gamba. Credo che rispetto a questi aspetti negativi vadano comunque sottolineati quelli positivi, visto che, nonostante la loro importanza, sono stati per lungo tempo ingiustamente dimenticati o misconosciuti. Certo, è difficile dire fino a che punto De Gubernatis abbia contribuito a creare in Italia un clima favorevole, o meno sfavorevole, alla Russia, e quanto si debba a lui concretamente la fama di molti scrittori russi nel nostro paese; ma è un fatto che il suo contributo ci fu, e in un certo senso rimase poco notato proprio perché egli si trovò a operare in un campo ancora vuoto e sordo agli stimoli. Di certo, il suo nome divenne autorevole, e non soltanto in Italia. Un profilo dettagliato della sua missione culturale si può leggere anche nella prima edizione del grande dizionario enciclopedico russo Brokgauz i Efron, per il quale A.Kirpičnikov dedicò a De Gubernatis una scheda di ben due pagine. Tra l'altro, vi si trova riassunto con efficacia il suo ruolo culturale all'interno della cultura italiana:

    Г. — человек замечательно живой и даровитый, с обширными и разнообразными научными сведениями; но он работает в слишком многих областях для того, чтобы каждая его работа имела глубокое и прочное значение. Для Италии, сильно отставшей от других стран Запада, в высшей степени полезны такие энергичные энциклопедические умы; они возбуждают общество и придают ему веру в свои силы. Но и в европейской науке и литературе Г. — крупный деятель и, прежде всего, как посредник между своим отечеством, только что вступившим в новую, многообещающую фазу развития, и остальной Европой.[4]

Un amore incostante caratterizzò il rapporto di De Gubernatis con la Polonia e con i polacchi: tanti furono gli amici, persone che portavano sulle spalle il peso dell'esilio, dei moti brutalmente repressi, della nazione soggiogata e tripartita. Tanti furono anche i polacchi che irritarono ed indignarono lo studioso italiano, ferito nella sua etimologica "slavofilia" dagli eccessi dell'altezzoso nazionalismo polacco, specialmente negli anni in cui più stretto fu il suo legame con la Russia. Ma l'amore di fondo per la Polonia non si spense mai, rinfocolato a più tratti dall'ammirazione per la dignità con cui i polacchi affrontavano la propria storia infausta. L'ultima voce di De Gubernatis si levò per la libertà della Polonia, e si può forse dire che fu di buon augurio, sebbene alla vigilia di svolte atroci.

Delle altre nazioni slavi, la più vicina fu certo la Serbia, per qualche tempo al centro degli interessi di De Gubernatis. Come sempre, fondamentali furono le conoscenze personali, le amicizie e le affinità intellettuali che spronarono lo studioso italiano ad esplorare a più riprese la penisola balcanica, senza tralasciare né i bulgari, né i croati, per i quali però nutrì un interesse molto più moderato e di breve durata. Centrale nella visione che De Gubernatis si fece dei Balcani fu il concetto di alleanza o simbiosi culturale tra l'Italia e le nazioni di oltre Adriatico: il sogno di ampie e variegate confederazioni, leghe doganali e interscambi di vario genere, politici, culturali, commerciali, faceva della penisola balcanica un vero laboratorio della nuova Europa di stati nazionali, che De Gubernatis intuiva avrebbe soppiantato quella degli imperi sovranazionali. L'intuizione di De Gubernatis si spinse fino quasi all'idea di una comunità europea (in realtà egli prospettava la nascita di più comunità su base etnica: germanica, latina, slava...), anche se, guardando a posteriori, non fu certo dai Balcani che tale processo ebbe inizio; nei Balcani, ad ogni modo, la storia d'Europa ha lasciato disseminate molte delle cause della propria evoluzione.

Sulla Boemia, per finire, non c'è granché da dire: anzi, si può parlare soltanto di Praga, il grande centro in fermento della Mitteleuropa con il quale De Gubernatis ebbe inevitabilmente a che fare, ma che non fu mai stimolato a conoscere direttamente: rimangono soltanto alcuni contatti interessanti, ma non una visione d'insieme del mondo ceco.

Poco prima di morire, De Gubernatis ribadì per l'ultima volta il suo idealismo di fronte alla politica internazionale, le cui vicende costituirono per lui un continuo stimolo a riflettere sulle identità nazionali e a gettare ponti fra i vari popoli e fra le loro culture, nella convinzione piuttosto moderna che le differenze potessero essere motivo di confronto e non di divisione: l'occasione fu l'inaugurazione del circolo Chopin a Roma. Riferendosi alla Polonia ancora divisa e soggiogata, De Gubernatis rammentò che «obbligo dunque dell'Italia libera ed indipendente è manifestare la propria sovranità, non già con insane cupidigie di ambiziosi, remoti, vasti possedimenti, ma col mostrarsi grande signora di se stessa beneficando e porgendo la mano e crescendo fede e coraggio a quanti popoli civili attendono ancora l'ora del loro riscatto. I nostri veri e più preziosi alleati devono essere i popoli più deboli».[5] Tra le righe si avverte chiaramente una critica severa delle imprese coloniali italiane, atteggiamento che differenzia De Gubernatis da molti altri intellettuali italiani (Pascoli, D'Annunzio...), impegnati negli stessi giorni ad esaltare la conquista della Libia e l'espansione nel Dodecanneso. L'anziano professore dell'università di Roma era in questi ultimi anni di vita impegnatissimo nella sua ultima battaglia civile, quella per la pace tra le nazioni e per la creazione di un organismo che garantisse un "arbitrato" nelle querelles internazionali, l'embrione di quella che nel dopoguerra sarebbe stata la Società delle Nazioni. De Gubernatis fu quindi una delle punte di diamante del pacifismo internazionale in Italia, e come presidente del comitato italiano organizzò tra settembre ed ottobre del 1911 il XIX congresso universale della pace. Occorre dire che il congresso fu un fallimento, dal momento che si svolgeva in concomitanza ad una guerra condotta dall'Italia contro la Turchia allo scopo di annettersi la Libia. Lo stesso De Gubernatis sembrò oscillare tra una posizione di pacifismo intransigente ed una più morbida verso le esigenze della Realpolitik nazionale: finì così per dichiarare che la guerra contro la Turchia era stata un male necessario per difendere gli interessi dell'Italia dalla prepotenza della Turchia... Angelo De Gubernatis era un uomo generoso ed intuitivo, mai però abbastanza profondo e coerente nei suoi giudizi. Ed un ultima riflessione sulla sua personalità possiamo farla leggendo questa sua appassionata confessione:

    Chi mi accusa dunque di far troppe cose, mi dica, intanto, se io le faccia con freddezza. È vero, è scandalosamente vero; io ho avuto nella mia vita molti amori diversi: la scena, la scuola, la storia, la biografia, la letteratura, la mitologia, il folklore, Manzoni, Dante, l'Oriente, l'India, e, sopra ogni cosa, l'Italia; mi si provi che ho cessato d'amare, o che servii male alcuno de' miei grandi idoli, ed io accetterò quella penitenza che mi si vorrà imporre.[6]

E siccome l'argomento di questo libro scaturisce dalla fatale conoscenza, a Berlino nel 1863, di un manipolo di studenti nichilisti russi, rifacciamoci ancora ad una sua confessione:

    Quando mi si presenta, per la prima volta, alcun Russo, io mi domando pur sempre, in secreto, con una specie di terrore religioso: «Mi porterà egli del bene o del male»? Quasi nessun Russo essendo passato indifferentemente nella mia vita, io dovrei, ad ogni nuovo incontro, consultare l'oroscopo, per sapere che cosa mi può ancora essere riservato.[7]
  1. Vedi in proposito Fibra e cfr. Marzaduri, A.DG..., cit ., p.497 segg.
  2. DG, lett. a A.Žemčužnikov, Rome, 10 Avril 1892, RGALI, fondo cit.
  3. DG, lett. a O.Smirnova, Florence 5 mai 1885, RGALI, f.485, op.1,284.
  4. А.Кирпичников, Губернатис (граф Анжело de-Gubernatis) , in Энциклопедический словарь Брокгауз и Ефрон , т.IX a (18), СПб., 1893, pp.839.
  5. DG, Discorso pronunciato..., cit. , p.3.
  6. Fibra , p.393.
  7. ibid ., p.406.
На Растку објављено: 2008-07-01
Датум последње измене: 2008-07-01 19:49:59
 

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