Stefano Aloe

Angelo De Gubernatis e il mondo slavo (Cap. 5.1. Serbia)

Angelo De Gubernatis e il mondo slavo . Gli esordi della slavistica italiana nei libri, nelle riviste e nell'epistolario di un pioniere (1865-1913) . Studi slavi e baltici. Dipartimento di linguistica. Università degli Studi di Pisa, N. 1 - 2000 Nuova Serie, Collana di studi e strumenti didattici diretta da Giuseppe Dell'Agata, Pietro U. Dini, Stefano Garzonio, Pisa: Tipografia Editrice Pisana, 2000.

CAPITOLO V

SLAVI MERIDIONALI

V,1 Serbia

Se le relazioni di Angelo De Gubernatis con la Russia e con la Polonia alla luce della sua biografia risultano del tutto naturali, il resto del mondo slavo poté entrare nell'orbita dei suoi interessi solamente di riflesso. In particolare, spingeva in questa direzione l'attualità del messaggio panslavistico, unita all'urgenza che la questione balcanica, con tutti i suoi complessi risvolti, aveva acquistato negli anni '70 del secolo XIX. De Gubernatis si accosta a queste tematiche partendo dal punto di vista russo, ora facendolo proprio, ora rigettandolo o almeno criticandone gli estremi, come attestano i suoi scritti per la «Nuova Antologia» che già in precedenza abbiamo osservato. Ciò significa che Bulgaria, Serbia, Albania, Grecia, Romania, inizialmente non costituiscono il vero punto di focalizzazione, essendo tale punto ancora la Russia (più precisamente l'impero zarista). Questi paesi rimasero per un certo tempo poco più che dei nomi, dei punti caldi sulla carta d'Europa. Ma in un secondo momento, una volta gettato lo sguardo su di essi, la curiosità attiva di De Gubernatis fece sì che alcune realtà della regione balcanica assumessero contorni più concreti e precisi e infine destassero un interesse intrinseco ed autonomo in quell'infaticabile divulgatore di culture sconosciute che De Gubernatis era.

La penisola balcanica divenne l'oggetto principale delle esplorazioni dello studioso piemontese nell'ultimo decennio del secolo XIX: una serie di viaggi nella veste autocucita di "ambasciatore della cultura italiana nel mondo" permise a De Gubernatis di ritagliarsi un ruolo di singolare semiufficialità che lo introdusse in pompa magna alle corti dei giovani stati balcanici — Serbia, Bulgaria, Romania — con proposte velleitarie sui destini della regione, basate sull'ipotesi di alleanze, leghe doganali, ampie koiné culturali che da una parte legassero il Mediterraneo orientale all'Italia, e dall'altra accentuassero la "fratellanza" fra popoli simili, in particolare fra gli slavi meridionali, in pieno spirito panslavista, seppur sciolto dall'obbligo di ruotare intorno all'asse di Mosca. Se queste brighe da ambasciatore itinerante non produssero, come è ovvio, alcun risultato che non fosse la soddisfazione personale di una accoglienza benevola da parte dei vertici politici e accademici delle società visitate, qualche riflesso comunque lo diedero nell'attività pubblicistica dello studioso, seppure ormai sempre più ridotta rispetto ai tempi della «Rivista europea» e della «Revue internationale». Qualche libro di memorie di viaggio e alcuni nuovi contatti epistolari esauriscono in breve l'argomento. Tuttavia, almeno nel caso della Serbia l'attività di De Gubernatis è ancora degna di nota. Essa del resto inizia molto prima del viaggio in Serbia, compiuto nel 1897; i primi contatti risalgono infatti alla elaborazione del Dizionario biografico, sul finire degli anni '70, per l'appunto il periodo di massima intensità della crisi balcanica, culminata con la guerra russo-turca ed i trattati di pace che ridisegnavano in maniera radicale ed instabile la mappa dell'Europa orientale.[1] De Gubernatis avvertì l'esigenza di includere nell'opera non pochi profili biografici di scrittori dell'area slava meridionale, anche se di fronte ad una rappresentanza cospicua di serbi e croati, si segnala l'assenza pressoché totale di nomi bulgari e sloveni.[2] Il fatto si spiega facilmente se si tiene conto che la Slovenia era un'anonima entità interna all'impero asburgico (come anche la Croazia, che però vantava una maggiore "visibilità", grazie soprattutto ai tradizionali contatti italo-dalmati), mentre la Bulgaria nasceva come stato in quegli stessi mesi, e solo lentamente si sarebbe scrollata di dosso l'oblio di tanti secoli vissuti da remota regione dell'impero ottomano. Un motivo a parte nel determinare la maggiore o minore rappresentanza degli scrittori slavi nel Dizionario va rintracciato nella breve lista di nomi fornita a De Gubernatis da Louis Leger, incaricato di individuare dei collaboratori per ogni area del mondo slavo.[3] Leger aveva segnalato due personaggi estremamente autorevoli, Franjo Rački per l'ambito croato e Stojan Novaković per quello serbo, ignorando invece tutte le altre culture slave meridionali. Mi concentrerò per il momento soltanto sul versante serbo, che ebbe sviluppi particolarmente interessanti.

Attento al consiglio di Leger, De Gubernatis contattò effettivamente Novaković, che rispose favorevolmente alla fine del 1878.[4] Certo, il ruolo dello storico serbo fu molto meno attivo di quello di altri collaboratori mobilitati per l'occasione, poiché si ridusse essenzialmente alla distribuzione tra i letterati "meritevoli" del prospetto editoriale preparato dall'editore Le Monnier per l'opera di De Gubernatis: essi stessi si sarebbero poi fatti carico di rispedire a Firenze i prospetti compilati. Perciò, la collaborazione di Novaković al Dizionario non costituì l'inizio di uno scambio regolare tra i due studiosi. Tuttavia, vi saranno negli anni a venire nuove occasioni di relazione, come si vedrà fra poco.

Tra gli scrittori contattati da Novaković, figura lo storico Stojan Bošković (1833-1908), a cui principalmente si deve il sorgere di uno specifico interesse per la Serbia da parte di De Gubernatis. Bošković inviò a De Gubernatis la propria scheda biografica in data 30 dicembre 1878. In breve tempo venne pubblicato il primo fascicolo dell'opera, nel quale già compariva il profilo biografico di Bošković, e De Gubernatis ne inviò una copia allo storico serbo, che l'accolse con autentico entusiasmo:

    Belgrade, 15/25 fevrier 1879

      Monsieur le Professeur

      Très honoré Confrère!

    J'ai eu l'honneur de recevoir la Ière livraison de Votre belle entreprise littéraire et scientiphique du "Dizionario biografico degli scrittori contemporanei". Je Vous en felicite sincèrement de l'idée qui Vous en a dictée l'inspiration. On ne saurait, ce me semble, suffisamment apprecier l'utilité d'une belle oeuvre dans la langue italienne, vue l'usage qu'en sera probablement fait et les resultats qui en seront gagnés pour le progrès des connaissances et des relations entre les écrivains des nations civilisées et pourtant pour les progrès de la science en général. Et permettez-moi de le dire, une telle oeuvre sera bien digne de la nation classique, qui dans l'antiquité a méritée l'honneur et la gloire de poser avec la Grèce les fondements de la civilisation des nations européennes et de devenir de notre temps la régéneratrice et le champion du principe moderne de la nationalité.

A partire da questo momento si instaura fra i due letterati una relazione abbastanza costante, che approda col tempo a impegnativi progetti comuni e ad una salda amicizia. Nel gennaio 1883, Bošković ebbe l'occasione di far personalmente visita a De Gubernatis a Firenze, dove fu messo al corrente di alcuni progetti del collega italiano. E risalgono a questo periodo le basi per il coinvolgimento della cultura serba nelle successive iniziative di De Gubernatis, prima delle quali fu la fondazione della «Revue internationale», alla fine del 1883. La «Revue internationale», con il suo taglio universalistico, prevedeva di mettere un accento particolare sulle realtà culturali meno note dell'Europa dell'epoca. A questo scopo, De Gubernatis tornò a rivolgersi a Bošković e Novaković, ed entrambi si resero disponibili ad una collaborazione regolare alla nuova rivista. Per essere precisi, la risposta di Novaković fu immediata, mentre Bošković diede notizia di sè solamente alla fine del 1884. Così, la «Revue internationale» ospitò nel 1884 nel giro di breve tempo due corrispondenze da Belgrado, firmate entrambe dal professor Novaković.[5] Tuttavia, la collaborazione di Novaković si interruppe subito, probabilmente a causa della sua nomina al ministero dell'interno della Serbia.[6] Lo stesso Novaković mise in contatto De Gubernatis con un altro personaggio molto influente della politica serba, il dottor Vladan Đorđević, che qualche mese dopo sarebbe diventato, anche se per breve tempo, sindaco di Belgrado.[7] Đorđević declinò gentilmente l'invito di De Gubernatis a scrivere per la «Revue», spiegando di avere da tempo abbandonato le velleità giovanili di scrittore, di quando

    ich auch einige Romane und Novellen verbrochen habe. Diese Zeit ist für mich leider eine längstvergangene, wie Sie aus meinen neuesten Arbeiten sehen werden, welche ich mir gleichzeitig als Dank für der erste Heft der Revue zu senden erlaubt habe. Vielleicht finden Sie darin einige Anhaltspunkte für die Kulturbestrebungen Serbiens, und zugleich einen Beweis dafür, daß Serbien die wohlwollende Aufmerksamkeit, welche Sie meinem Vaterlande in Ihren epochalen literarischen Unternehmung schenken, einigermaßen verdient.[8]

Đorđević apprezzava, naturalmente, i propositi di De Gubernatis nei confronti della cultura serba, e approvava la scelta di affidarsi per la «Revue» alla competenza dell'amico Stojan Novaković:

    Herr Novaković als langsjähriger Professor der Literatur an der Belgrader Hochschule, als mehrmaliger Unterrichtsminister des Königreiches, als einer der verdienstvollsten Gelehrten und Schriftsteller der Serbischen Nation, ist besser als irgend Jemand von uns im Stande der gesammten literarischen Tätigkeit und des gesammten geistigen Lebens der Serben zu enwerfen.[9]

In definitiva, alla «Revue internationale» inizialmente collaborò il solo Novaković; e anche Bošković lasciò passare un anno prima di riproporsi con una voluminosa corrispondenza politico-letteraria, spiegando che una grave malattia ed un viaggio in Boemia, compiuto allo scopo di ristabilirsi con delle cure termali, erano le cause di tanto ritardo.[10] In compenso, a partire da questo momento Bošković prese in seria considerazione la «Revue» come veicolo di propaganda della cultura serba e soprattutto delle rivendicazioni nazionali serbe in seno alla politica internazionale, in particolare nei confronti dell'espansione balcanica dell'Austria-Ungheria. La collaborazione tra Bošković e De Gubernatis negli anni successivi ebbe una escalation notevole, evidentemente essa risultava utile ad entrambi, al primo soprattutto per promuovere le istanze nazionali serbe in Europa, al secondo per ampliare la sfera dei contatti culturali intereuropei, ma anche per procurarsi nuova gloria personale dentro e fuori i confini dell'Italia. Nel periodo di collaborazione alla «Revue internationale», è evidente il tentativo di Bošković di influenzare da vicino le scelte editoriali del collega italiano per quanto concerne il mondo balcanico e la Slavia. Lo storico serbo riponeva grandi speranze nelle potenzialità della rivista fiorentina:

    J'éspère que Vous soyez très content de la belle entreprise de la "Revue Internationale", et qu'elle grandira et prendra terrain solide partout ou l'on entend la langue française et l'on a de coeur et de sympathie pour l'Italie. Je m'efforcerai autant que possible de faire connaître la Revue dans mon pays, quoique je dois le réconnaître à régret, que le nombre des personnes parlant le français y est encore très réstreint [...].

    Quand j'avais le plaisir de Vous voir chez Vous en Janvier 1883, à Florence, Vous m'informiez que Vous Vous occupez de préparer une édition française du "Dizionario biographico dei scrittori contemporanei". Je Vous serai très obligé si Vous voudriez bien me donner de Vos nouvelles à ce sujet.[11]

La "corrispondenza politico-letteraria" che Bošković accluse alla lettera qui riportata piacque a De Gubernatis, che decise di promuoverla alla dignità di articolo, fatto che stupì piacevolmente il collega serbo. Ne derivò una lunga lettera, nella quale Bošković esponeva quasi programmaticamente il suo modo di vedere su come impostare la «Revue» per quanto concernesse la Serbia, i Balcani e il mondo slavo. Infatti, dopo aver ribadito le proprie lodi della «Revue», Bošković avvertiva:

    Dans ce cours d'idées, je régarde de mon devoir d'ami de Vous signaler le peu d'importance, que le public de nos contrés danubiennes attachera au nom et au travail d'un certain Mr. Haim Davitcho ci-devant étudiant juif, avec sa novellette sur la vie des juifs de Belgrade.[12] Il n'y a à Belgrade qu'une centaine de familles juives et dans le reste de la Serbie pas une dizaine en tout.[13] Il eut mieux valu d'écrire sur la vie des Bosnjaks et des Herzegovins de toutes les trois réligions, orthodoxe, catholique et mahometane, avec leur ésprit et leur tendances politiques et nationales, de signaler leurs caractères réspectifs dans la famille et dans la societé, et de résumer les pointes saillantes de l'unité et de divergeances dans le passé et dans l'avenir. Combien des cotés importants de ce peuple ont resté jusqu'au dernier temps inconnus aux nations civilisées, et combien de fautes eussent été épargnées à l'Europe, combien de malheurs prévenus à l'humanité, si l'on se serait avisé en temps d'étudier et de connaître à fond les bases, les fondements et les aspirations légitimes des peuples balkaniques.[14] Et si les autres grandes nations ont eu toujours leurs motifs à part pour ne vouloir pas connaître la vérité, ou pour faire semblant de ne la connaître qu' insuffisement, ce n'est pas à l'Italie, ni à la France, ni à l'Angleterre de persister dans l'ignorance fatale des faits aussi capitaux et aussi évidents comme l'a été et le sera de plus en plus la tendance invincible de la nation serbe vers son émancipation et son unité finales.

    À l'appuie de cette thèse je Vous signale une importante étude du célèbre professeur et écrivain russe Mr. Majikof à Moscou, dans la livraison XI (Novembre) du journal La pensée russe (Ruskaja misl) sous le titre: Deux époques des Congrès.[15] L'auteur russe juge sévèrement la politique russe à l'égard de la Prussie et surtout de l'Autriche-Hongrie depuis le Congrès de Vienne, 1814, jusqu' au congrès de Berlin 1878 et proclame à l'appui des fruits historiques et des documents irrecusables, que la Russie a été infidèle à sa mission historique, en se faisant gardien des intérêts conservateurs non seulement à l'époque de la "Sainte Alliance", mais aussi à l'époque de la guerre d'Orient, puisqu' elle a contribué autant que possible pour consolider l'alliance de la Prusse et de l'Autriche-Hongrie, et de tourner les forces de ces deux empires vers les pays des Balkans, pour empêcher l'émancipation et l'unité de la nation serbe. L'auteur russe déplore amèrement l'aveugle obstination de la diplomatie russe, qui s'est laissée durant ce siècle prendre en <siège> d'abord par le prince Meternique, chancelier autrichien, jusqu' à 1848, et ensuite du prince de Bismarque, du comte Andrassy et du comte Calnoki.[16] De telle manière les milliards russes ont été dépensés et le sang russe a coulé à flots pour seconder les intérêts étrangers et pour affirmer la position de l'Autriche-Hongrie dans la Presque-île des Balkans. En conséquence les peuples des Balkans cesseront de tourner leurs régards vers la Russie, et s'arrangeront comme ils pourront en cherchant leur salut ou bien dans leurs propres forces, en jétant les fondements d'une Confédération Orientale, ou en s'appuyant sur l'Autriche-Hongrie en tout qu' elle voudra ne faire obstacle à leurs voeux et à leurs éspérances nationales les plus légitimes.[17]

    Vous concevez quel rôle important dans ces arrangements à prévoir pourraiet échoir à l'Italie. Je me contente pour le moment à Vous signaler ce revirement dans l'opinion nationale russe après l'entrevue des empereurs à Skjernjevice[18], et il serait superflu d'y ajouter, que si les sentiments nationaux en Russie sont appelés à se faire jour et à être entendus en haut lieu, c'est surtout quand il s'agit des traditions et des aspirations séculaires en vue de l'émancipation des chrétièns d'Orient.[19]

Nonostante questo tentativo di "ingerenza", non sembra che le opinioni di Bošković abbiano avuto un influsso sulle successive scelte editoriali di De Gubernatis. Del resto, possiamo dire che una precisa linea editoriale alla «Revue internationale» mancasse sempre di piů e troppo di ciò che vi si pubblicava era frutto di casualità o di obblighi nei confronti di collaboratori spazientiti dalle lunghe attese. Comunque, per qualche tempo Bošković rimane interessato alle vicende della rivista e prende persino in considerazione la proposta che De Gubernatis non manca di avanzare, quella di fare della «Revue» l'organo ufficiale internazionale del Srpsko učeno društvo, un "servizio" offerto, con scarsi risultati, anche ad altre accademie limitrofe (quella ungherese, quella jugoslava di Zagabria...).[20] Nessun legame, come prevedibile, si stabilì fra la «Revue internationale» e la Società scientifica serba, ma nell'orbita di quest'ultima cominciò a gravitare poco tempo dopo lo stesso De Gubernatis, candidato a membro corrispondente da Bošković, che perseguiva con chiarezza, in linea con il društvo, una politica di promozione della cultura e delle istanze nazionali serbe fatta attraverso il coinvolgimento di personalità prestigiose della cultura europea. Va nella stessa direzione il suo secondo e ultimo articolo pubblicato sulla «Revue», un saggio storico sull'imperatore Stefan Dušan scritto in occasione della comparsa di un lavoro di Émile de Borchgrave sullo stesso tema (edito nelle «Mémoires» della Académie Royale de Belgique).[21] Bošković giudica positivamente il lavoro dello storico belga, che a suo parere offre lo spunto per una rilettura integrale della storia antica e attuale della penisola balcanica:

    La matière traitée dans cette étude rémarquable est surtout à ce moment de nature à captiver l'attention du public international auquel Votre "Revue" est déstinée par excellence. La question d'Orient n'est ni résolue ni ensevelie. Les difficultés seculaires et les intérêts en jeu pour avoir changé d'aspects n'en sont pas moins prêts à surgir à chaque instant. La tendance générale des Puissances aux colonisations lointaines ne diminue point la possibilité de conflit dans les parages de l'Héléspont et de la mer Egée. Et les peuples du Danube, des Balkans et de l'Adriatique auront encore une fois à defendre leurs droits et leur avenir national menacés.

    L'étude de l'éminent auteur belge sur l'époque la plus brillante et la plus intéressante de la Péninsule Balkanique en général et de la nation Serbe en particulier se prête à ce moment on ne peut mieux pour porter nouvelle lumières en tant de points obscures de l'histoire, de la culture d'esprit et des qualités morales de ces peuples. Et si les leçons de l'histoire peuvent donner quelques indices sur la direction à suivre actuellement, on saura gré aux hommes de la science qui ne reculent pas devant la difficulté de chercher dans le passé à connaître les éléments du développement prèsent et à en signaler les combinaisons les plus possibles pour l'avenir [...]. Mr. de Borchgrave après un séjour de 6 ans en Serbie vient d'être nommé par son gouvernement Ministre de Belgique à Constantinople. Il a été décoré par S.M. le Roi Milan de la croix St.Sava (pour les mérites littéraires) et notre académie des Sciences l'a élu membre correspondant par acclamation.[22]

L'articolo di Bošković, piuttosto esteso, apparve sulla «Revue» in cinque parti fra febbraio ed aprile del 1885.[23] Stando alle parole soddisfatte dello stesso Bošković, il lavoro fu notato negli ambienti cui era destinato, essenzialmente l'accademia e il ministero della cultura serbi, nonché settori scelti della comunità scientifica internazionale.[24] Tuttavia, non si presentarono nuove idee da realizzare attraverso la «Revue», che nel frattempo De Gubernatis si preparava ad abbandonare alla propria sorte, essendo assorbito dalla preparazione del lungo viaggio in India: dall'estate del 1885 per quasi un anno la direzione della rivista venne trasferita al vicedirettore, Augusto Fantoni.

Proprio durante le peregrinazioni indiane di De Gubernatis, Bošković si adopera in suo favore a Belgrado. Alla fine di febbraio del 1886, non potendo reperire direttamente De Gubernatis, Bošković si rivolge a Fantoni per comunicare che

    mon ami M.Angelo De Gubernatis vient d'ętre élu membre correspondant de la Société Scientifique Serbe (Académie de Belgrade) par acclamation. La proposition motivée en a été presentée par moi dans la section des sciences historiques et sociales [...]. L'acte solennel de l'élection eut lieu avant hier dans la séance annuelle de toutes les sections. Ŕ la męme occasion furent élus encore Membres étrangers: M. Theodor Mommsen le célèbre historien allemand connu pour ses études sur l'histoire et les antiquitès romaines, et Anton Boudilovitch[25] professeur d'histoire et de littératures slaves à l'Université de Varsovie [...]. Parmi les titres invoqués dans ma proposition des mérites exceptionnelles qui le désignaient à l'Académie Serbe, figurait aussi son oeuvre de fondation de la Revue Internationale, qui a déjà témoigné des sympathies pour les peuples slaves et particulièrement pour la nation serbe.[26]

Al ritorno dall'India, De Gubernatis viene quindi felicitato personalmente dal collega serbo, che si abbandona ad un autentico panegirico:

    C'est donc Vous et vos mérites universelment réconnus, c'est votre grande rénommée de savant illustre et d'ami des peuples opprimés, ami et défenseur declaré des droits méconnus du peuple serbe dans la péninsule balkanique — c'est cela ce qui Vous a assuré les suffrages et les sympathies de tous les Serbes et patriotes éclairés, amis du progrès et de la solidarité des intérêts et des traditions nationales entre l'Italie et la Serbie.[27]

De Gubernatis non può che sentirsi estremamente lusingato da tali elogi. L'intento di Bošković di legarlo sempre piů strettamente alla causa serba dà i suoi primi frutti: De Gubernatis si infervora nel suo nuovo ruolo di paladino della Serbia sulla ribalta internazionale, e a questo scopo esprime anche il desiderio di apprendere la lingua serba. Bošković, per così dire, non deve far altro che soffiare su un fuoco già vivo. Nella lettera del mese successivo, lo storico serbo elargisce nuovi complimenti ed elogi, naturalmente incoraggia i propositi del collega italiano e prende misure per renderli concreti:

    Belgrade, le 17 Juillet 1886

    Cher et illustre Ami,

    Je Vous remercie de Votre aimable lettre du 24 juin. Vos sympathies pour la Serbie ne se démentent nulle part, elles Vous ont value notre entière réconnaissance qui se manifeste d'une manière si éclatante à l'occasion de Votre éléction Membre Corréspondant de la Société Scientifique Serbe [...].

    Votre intention d'apprendre le serbe est bien louable et sera apprecié chez nous comme il faut. Je l'ai communiqué déjà à quelques uns de nos collègues le plus distingués. On Vous complimentait et on Vous souhait le succès qui mérite Votre zèle et Votre grande érudition linguistique et littéraire. Je ne doute pas que Vous connaissez les chants serbes populaires au moins dans leur tendence et dans leur esprit général. Vous comprenez et parlez probablement le russe, Madame la Comtesse de Gubernatis, à ce que je crois, étant de nationalité russe. Vous aurez donc dans la suite la facilité de lire et comprendre les chansons nationales serbes dans l'original et d'en apprécier la valeur et la beauté qui inspirèrent à Goethe, à Pouchkine et à Mickijevitch des idées et des sentiments d'admiration. Dans l'exposé des motifs pour Votre éléction j'avais eu l'honneur de mentionner Votre attachement à étudier et à connaître l'histoire et la littérature serbes.

    J'ai donné l'ordre à mon libraire, de Vous adresser sans rétard un exemplaire de grammaire serbe composée pour les Français. Ce livre Vous sera assurément très utile, il a l'avantage d'une méthode pratique et scientifique en męme temps. C'est la Grammaire de la langue serbo-croate à l'usage des Français, par le docteur J.B. Feuvrier, Paris, libraire A. Franck, Rue Richelieu 67. Vous pourrez aussi et peut ętre avec plus d'utilité pratique Vous servir de la Grammatica della lingua serbo-croata, da Pietro Budmani, Vienna, a la libreria Gerold et Comp. Stephansplatz.[28]

La lettera di Bošković è quanto mai lunga e prolissa, ma vale la pena soffermarsi ancora su di un tema che allo storico serbo stava particolarmente a cuore. Bošković si trovava in polemica con l'economista belga Émile de Lavelaye, che l'anno precedente aveva pubblicato sulla «Revue des deux mondes» una serie di articoli "concernant la question de l'occupation austro-hongroise de la Bosnie et de l'Herzégovine".[29] La polemica era stata innescata da una replica dello stesso Bošković, volta contro le "idées favorites d'occupation et d'annexion" di Lavelaye, che a sua volta aveva replicato in una lettera aperta indirizzata al Srpsko učeno društvo di Belgrado e ai giornali serbi. La polemica si era poi andata smorzando, dopo un chiarimento fra Lavelaye ed il presidente della Società scientifica serba, ma nel clima arroventato di questa importante questione balcanica Bošković aveva ricevuto molti riconoscimenti per la sua presa di posizione: in Francia da parte di Éduard Marbeau, redattore della «Revue française» e di Auguste Dôzon, professore alla École des langues orientales, l'autore della piů popolare traduzione francese di canti serbi; in patria, ovviamente, da parte di tutti:

    La presse serbe a pris aussi notice de mon Écrit sur l'empereur Douchan en appelant particulièrement l'attention sur la polémique engagée entre moi et M. de Lavelaye concernant la Bosnie. Je ne sais pas si Vous avez eu l'occasion de remarquer dans la Revue politique et littéraire (Revue bleue) de Paris dans le numéro 22 du 29 mai une notice de M. Louis Leger professeur des littératures slaves au Collège de France sur le livre de M. de Lavelaye intitulé "La Péninsule des Balkans".

    M. Louis Leger tout en prodigueant des éloges au talent d'écrivain de l'auteur belge n'hésite pas à lui reprocher ouvertement sa prédilection pour la politique d'occupation austrohongroise. „Tant que l'Autriche aura un pied dans la péninsule — dit M. Louis Leger — la confédération balkanique sera aussi difficile à réaliser que l'eut été la confédération italienne avec une Autriche établie en Vénétie. L'Autriche peut être un élément d'ordre matériel; elle est un ferment de désordre moral. Si la politique allemande la pousse à un jour donné sur Salonique, ce sera pour lui demander Triest en échange, et ce n'est pas là — pour nous du moins — une solution inoffensive du problème oriental. La seule solution légitime, équitable, est celle qui laissera le térritoire de la péninsule à ses possesseurs naturels, les Serbes, les Bulgares, les Grecs, les Albanais. Constantinople, que personne d'ailleurs ne réclame en ce moment, pourrait devenir une sorte de ville fédérale, etc.“[30]

Nonostante lo zelo di Bošković, l'entusiasmo filoserbo di De Gubernatis era destinato ad assopirsi per qualche tempo, così come i buoni propositi di apprendere la lingua serba, messi in secondo piano da nuovi problemi, in particolare dall'abbandono dell'ormai trascurata direzione della «Revue internationale» e da una solerte ripresa di attività nel campo dell'orientalistica. Il carteggio, e con esso i progetti filoserbi di De Gubernatis, riprende solo alla fine del 1887, ma assume connotati completamente nuovi e singolari. De Gubernatis aveva espresso il proposito di una visita informativa in Serbia, al fine di poter scrivere un libro sulla situazione geo-politica dei Balcani. Questo progetto troverà attuazione soltanto dieci anni dopo, mentre il punto di inizio di una nuova fase nei suoi rapporti con la Serbia è originato da un viaggio in Italia della regina di Serbia, Natalija, insieme al figlio maggiore, l'erede al trono Aleksandar. Per l'occasione, Bošković avvertì De Gubernatis del prossimo passaggio della famiglia reale da Firenze, prospettandogli la possibilità di incontri interessanti:

    Belgrade, le 8 Octobre 1887

    Cher et illustre Ami,

    Monsieur Stephan Popovitch, ancien Ministre, actuelement chef du bureau au ministère de l'Instruction publique et Professeur de Son Altesse Royale, Le Prince Héritier de Serbie, part pour Florence dans la suite de Sa Majesté La Reine Natalie et de S. A. Le Prince Héritier, pour passer l'hiver en Italie.

    M. Popovitch aura l'honneur de venir Vous faire visite et je Vous prie de bien vouloir le recevoir comme un de mes meilleurs amis ainsi que le docteur Dokitch[31] gouverneur du Prince-Héritier qui accompagne S.M. La Reine et S.A. Le Prince Alexandre. M. Popovitch et M. Dokitch voudront bien, je pense, Vous procurer l'occasion, et la faveur, si Vous le desirez, d'ętre reçu en audience par S. M. La Reine de Serbie et par Le Prince Royal.

    Je Vous doit toujours une reponse relativement à Votre intention de venir visiter notre pays à fin de pouvoir écrire une oeuvre detaillée sur la situation actuelle et sur les aspirations legitimes du peuple serbe. J'avais été par diverses circonstances empeché de faire quelque chose pour preparer l'accomplissement de Votre désir et le mien, soyez-en sûr. Je l'ai communiqué à Mr. Ristitch,[32] mais jusqu'à présent rien n'y a été décidé. Peut-être se presenterait-il à l'avenir une occasion plus propice.

          Votre bien dévoué

            St. Bochkovitch[33]

De Gubernatis era molto sensibile al prestigio dinastico e ai titoli nobiliari. Un udienza della regina di Serbia era dunque una ghiotta occasione per il suo orgoglio di discendente dei nizzardi conti de Gubernatis, casato decaduto nelle vicissitudini della storia.[34] In uno degli slanci entusiastici che ne contraddistinsero la personalità, egli si propose nel ruolo di paladino degli interessi della Serbia in Italia, lanciando l'idea che gli affidassero un consolato serbo di nuova creazione a Firenze. L'idea, per certi versi molto peregrina, non dovette però suonare male a Popović e Bošković, giacché quest'ultimo cominciò ad adoperarsi seriamente per concretizzare il progetto. Oltretutto, quella di aprire un consolato a Firenze doveva essere un'idea già nell'aria, se è vero che il ministero degli esteri serbo aveva già pronto un nome su cui domandare l'approvazione di Roma, e si trattava di un altro italiano, un certo Macanti. Ma tutto questo veniva in un periodo di grande agitazione nella vita politica serba: continue crisi di governo, rimpasti, avvicendamenti di costituzioni piů o meno liberali, lotte sotterranee che avrebbero condotto nel 1903 alla caduta degli Obrenović, la dinastia al potere, in favore dei loro eterni antagonisti, i Karadjordjević. Milan Obrenović, divenuto principe di Serbia nel 1868 (la Serbia divenne regno nel 1882), era stato uno dei protagonisti della guerra russo-turca, dalla quale la Serbia aveva ottenuto importanti conquiste territoriali, ma il suo ascendente era andato in declino dopo la fallimentare campagna contro la Bulgaria del 1885. La posizione di Milan nel 1887 era dunque in bilico: fatto cadere, con l'appoggio del partito radicale, il governo Ristić (ottobre 1887), Milan formò un nuovo governo a guida radicale, che in breve sostituì d'imperio con un governo di fedeli funzionari sotto il suo diretto controllo. Ma la prova di forza del re finì per indebolirlo di piů: dapprima, sul finire del 1888, il re fu costretto a concedere al paese una nuova costituzione (approvata il 14 dicembre 1888), e di lì a poco, il 20 febbraio del 1889, dovette abdicare in favore del figlio Aleksandar, ancora minorenne.

In tal modo, De Gubernatis diventava testimone a distanza dei piů intimi conflitti che squassavano la vita politica serba. D'altra parte, proprio una situazione così instabile rendeva improbabile la realizzazione del suo progetto diplomatico. Ciò non toglie che per un paio di anni l'ipotesi rimase in piedi, a momenti parve prossima al successo, e il carteggio fra De Gubernatis e Bošković è tutto accentrato su questo tema. La proposta di De Gubernatis era arrivata all'indomani dell'udienza reale. La prima risposta di Bošković invece tarda di qualche mese:

    Belgrade, le 6 Fevrier 1888

      Cher Ami,

    Je regrette beaucoup d'avoir été obligé de retarder de plusieures semaines ma réponse à Votre lettre du 13 IX passé. Ce retard involontaire n'est du qu'aux circonstances politiques exceptionnelles qui amenèrent chez nous la crise ministérielle et parlamentaire que Vous devez connaître et apprécier.[35] Vous comprendrez delors qu'au milieu des événements importants qui se succèdent en Serbie depuis quelques mois il me fut impossible jusqu' aujourd'hui d'obtenir un résultat satisfaisant et approvatif de Vos utiles et louables propositions concernant l'intention de Vous faire nommer titulaire du consulat général de Serbie à Florence. Je me suis hâté de soumettre en temps à Mr. Ristitch Votre proposition. Il a bien reconnu l'utilité et l'opportunité d'une telle mesure en vue d'élargir nos relations commerciales en Italie centrale, ainsi qu'il s'est exprimé avec beaucoup d'éloges et de compliments à Votre adresse. Néanmoins, il s'est déclaré dans l'impossibilité de donner une solution favorable à cette démarche, vue d'une coté l'éventualité prochaine d'une crise ministerielle et de l'autre la facheuse circonstance que déjà les pourparlers avaient été entrenés avec le gouvernement italien pour la nomination d'un autre personnage titulaire du consulat général serbe à Florence.

    Dès que le changement du ministère à la fin de l'année se fût accompli, je me suis haté d'appeler l'attention du nouveau ministre des affaires étrangères Mr. Franiçevitch sur cette affaire.[*] Je suis heureux de Vous informer qu'il a accueillie notre proposition avec plaisir et d'est déclaré prêt à la prendre en sérieuse consideration. En consequence j'ai l'honneur et le plaisir infini de Vous prier, cher Ami, de vouloir bien Vous adresser en cette occurrence directement à Mr. Franiçevitch ministre des affaires étrangères de Serbie et de lui exposer en forme d'un petit mémoire Vos vues et Vos propositions rélatives à l'installation d'un consulat général à Florence et à la nomination éventuelle d'un titulaire à Votre personne. Mr. Franiçevitch connaît très bien Votre nom et Vos mérites extraordinaires de savant et de Professeur illustre, ainsi que Vos sympathies pour le peuple serbe. Ce sera un grand avantage pour la Serbie de Vous retacher encore plus étroitement par cette nomination à notre cause.

    Veuillez en même temps m'informer dès que Vous aurez expedié à Mr. le ministre Votre mémoire.

    Vous y pourrez aussi faire mention du Musée ethnografique[36] que Vous aviez projecté en vue d'y faire participer autant que possible la Serbie et le peuple serbe.[37]

Le circostanze favorevoli durarono troppo poco tempo: nuovi rimescolamenti di governo resero effimero ogni tentativo di Bošković, terminò anche il turno di Franičević, e la poltrona passò a un nuovo ministro, di conseguenza le trattative dell'instancabile Bošković dovettero ricominciare da capo. Inoltre, la memoria che De Gubernatis aveva subito inviato al ministro degli esteri serbo mise Bošković in un certo imbarazzo, in quanto le dichiarazioni d'intenti di questo zelante italiano "amico del popolo serbo" andavano molto al di là di un concreto programma di lavoro consolare, giungevano ad abbracciare l'intero campo dei rapporti diplomatici fra Italia e Serbia, dei quali De Gubernatis si immaginava già, verrebbe da dire, arbitro e gran risolutore! Riporto ancora quasi per intero una lunga lettera di Bošković, che aggiorna in dettaglio la situazione e riassume i termini della memoria presentata dal collega italiano:

    Belgrade, le 27 Juin 1888

    Cher et honoré Ami,

    Les changements trop prégnants des ministres sont depuis quelque temps à la mode chez nous — consequence naturelle de l'époque de transition oű se trouvent depuis les dernières guerres de l'indipendance les institutions et les moeurs politiques en Serbie. C'est dire assez pour Vous faire comprendre la situation délicate exceptionnelle oű je me trouvais engagé dans la question du projet d'établissement d'un consulat général de Serbie à Florence [...]. Je me suis servi de toute mon influence dans les cercles gouvernamentales pour Vous ętre agréable et pour faire réussir le projet. Mais jusqu' à présent je n'étais point en mesure de Vous donner quelques informations positives à ce sujet.

    Tout d'abord j'ai remis en son temps à Mr. le ministre de l'Extérieur l'intéréssant Mémoire que Vous aviez lui adressé [...]. Pour Vous dire la vérité, Votre vaste et rémarquable Mémoire est bien rempli des idées justes et élévées quant à l'utilité commerciale et politique d'un consulat serbe au centre de l'Italie, aussi bien qu'il atteste Votre attachement à la cause serbe jusqu'à l'évidence. Personne ne serait plus digne et plus disposé que Vous, mon cher Ami, de servir les intęrets de la nation serbe en Italie [...]. Mais Votre Mémoire embrassait trop de matières et s'étendaiet beaucoup sur les questions d'ordre politique qui pour le moment ne pourraient entrer dans le programme d'un Consulat général de Serbie à Florence, p.E. l'idée de remplir, le cas échéant, les fonctions d'Agent diplomatique de Serbie à Rome [...]. C'est ainsi que le ministre précédent Mr. Franitchevitch s'était vu obligé de me déclarer qu'il ne saurait accepter le programme contenu dans Votre Mémoire qu'à titre d'utiles informations qu'il se proposait à étudier [...].

    À peine avais-je reçu cette réponse du ministre et je voulais déjà Vous informer, quand subitement se repandirent les bruits d'une crise ministérielle et parlementaire. Ces bruits reçurent bientôt leur pleine confirmation. Le cabinet de Mr. Sawa Groujitch venait à démissioner, la Skoupština fut prorogée et le nouveau cabinet de Mr. N. Hristitch fut appélé au gouvernement.[38] Le ministre actuel de l'Extérieur Mr. Mijatovitch[39] déclare aussi vouloir étudier la question du projet d'un Consulat général pour l'Italie centrale [...].

    Il y a néanmoins une petite difficulté pour Votre nomination, à savoir qu'on avait déjà antérieurement sous le ministère de Mr. Ristitch de l'année passée pris en consideration la proposition de nommer consul à Florence un autre personnage, un certain Mr. Macanti qui s'est fait connaître un peu par ses articles sur la littérature et l'histoire serbe. On s'était déjà adressé à Rome pour s'assurer si le Gouvernement Italien n'aurait rien à observer pour la nomination de Mr. Macanti.[40]

Si presentava perciò nella candidatura al consolato fiorentino questo rivale inaspettato, del quale purtroppo non ho trovato alcuna notizia. Tuttavia, Bošković fece subito presente al nuovo ministro che De Gubernatis era una personalità di rilievo europeo, e qundi piů dell'ignoto Macanti idoneo alla carica progettata. E difatti

    Ŕ la suite de ces informations, j'ai le plaisir de Vous annoncer que Mr. Mijatovitch s'est déjà adressé ad privatim à Mr. le ministre d'Italie à Belgrade pour savoir son opinion sur ce projet et notamment sur Votre personalité. Le représentant d'Italie s'est exprimé avec des termes très flatteuses à Votre adresse en déclarant que Votre nomination serait de beaucoup plus importante et plus utile au bűt qu'on se proposait [ *]...[41]

La creazione del consolato serbo a Firenze e la relativa nomina di De Gubernatis sembravano ancora una volta piů vicine di quanto in realtà non fossero. Nei mesi successivi a questa lettera, le vicende della politica serba non solo non riuscirono a stabilizzarsi, ma furono destabilizzate ulteriormente dall'indebolimento del re Milan, che, come si è detto, alla fine del 1888 fu costretto a concedere una nuova costituzione che introduceva una democrazia di tipo parlamentare. La posizione di Milan era ormai molto precaria. All'inizio di febbraio del 1889, a Bošković si presentò nuovamente l'ingrato compito di disilludere ancora una volta De Gubernatis e ad ammettere le difficoltà che si frapponevano man mano al loro progetto:

    Belgrade, le 5 Fevrier 1889

    Mon cher Ami,

    Il y a bientôt trois mois que je croyais la question de Votre nomination au poste de consul général de Serbie à Florence définitivement résolue dans le sens favorable que je Vous annonçais dans ma lettre. Votre proposition en forme d'un rapport détaillé adressée à Mr. le ministre de l'Extérieur a été très bien accueillie. Il s'agissait seulement de regler la question de la somme à abonner à titre de frais de chancellerie. Vous aviez demandé 2000 frcs. et le Ministre se déclarait pręt à n'accorder pour le moment que 100 frcs. vu la peine oű se trouvent nos finances. Cependant survinrent les très importantes préoccupations de la revision de la Constitution que Vous connaîssez, puis les élections pour la grande Skoupština et ensuite la crise ministérielle qui n'est pas encore terminée.[42]

La situazione politica stava già per precipitare, e i piani di De Gubernatis per naufragare definitivamente. Il 20 febbraio 1889 Milan si vide costretto ad abdicare. Essendo il figlio Aleksandar ancora minorenne (era nato nel 1876), venne istituito un consiglio di reggenza incaricato di fare le veci del re fino al compimento della maggiore età. Di fronte a tale situazione, Bošković abbandonò le ultime speranze di coronare con successo le ambizioni dell'amico. In una lettera datata 31 marzo 1889, egli delineava desolatamente lo stato delle cose che si era prodotto in Serbia:

    Vous devinez certainement les motifs de mon silence prolongé. J'avais désiré pouvoir Vous donner des informations un peu plus détaillées sur Votre nomination projétée de consul de Serbie et je croyais en conséquence devoir attendre encore quelque temps. Vous savez les circonstances extraordinaires qui contribuèrent depuis à ajourner la réalisation de nos voeux et de nos éfforts pour atteindre le but proposé. Les travaux de révision de la Constitution et la grave résolution qu'avait prise S. M. le roi Milan d'abdiquer et de porter au trône serbe le jeune Prince-Héritier, maintenant le Roi Alexandre (I), en lui désignant aux thèrmes de la Constitution une Régence qui éxércera pendant sa minorité le pouvoir royale, — tout cela devait nécessairement porter quelque retard à une réponse d'autant plus qu'en męme temps s'effectuait le changement du ministère.

    Vous connaîssez maintenant, mon cher et illustre Ami, tous les détails et toutes les péripéties de ces événements historiques. Espérons qu'il se sont accomplis pour la bonheur du peuple serbe et que la Serbie continuera à marcher résolument dans la voie du progrès et de l'émancipation pour augmenter son préstige et son influence nationales dans la Péninsule Balkanique et pour conserver les sympathies des grandes nations libres et amies. Le roi Milan a certainement fait acte de courage, de sagesse et de patriotisme. Aussi je ne saurais approuver la manière de voir dans ces événements exprimée par plusieurs organes de la presse étrangère et italienne, notamment dans la chronique politique de la Revue Internationale, qui s'égarent trop en essayant de dénigrer le nom et les mérites du roi Milan.[43] [...].

    Quant au projet de Votre nomination de Consul général, j'espère bien que nos éfforts aboutiront enfin. J'en ai déjà parlé à Mr. Sava Grouitch, ministre-Président et ministre de l'Extérieur. Il trouve aussi qu'il y aurait beaucoup d'avantages et d'honneurs pour la Serbie d'attacher à ses intéręts un nom aussi illustre qu'est le Votre. Il suspend seulement de se prononcer définitivement pour attendre les résultats des déliberations enfermées au conseil des ministres sur le projet de budget pour l'exercise à venir. J'apprende de bonne source, que pour le moment on a l'intention de rayer le budget non seulement pour la Légation de Rome, mais encore pour celles de Londres et d'Athènes.[44]

Al di là delle speranze di circostanza, è evidente che Bošković non credeva piů nella possibilità di concretizzare alcunché. Difatti, a partire da questo momento l'argomento viene a cadere e anzi, il carteggio stesso si interrompe per tre anni. La situazione che si era creata in Serbia era molto delicata, il periodo di reggenza celava delle lotte sotterranee tra i seguaci dell'esiliato Milan e quelli della regina Natalija, il cui influsso su Aleksandar era destinato ad essere molto forte.

De Gubernatis non divenne mai console di Serbia. Ma questo insuccesso non lo distolse da coltivare anche negli anni successivi con una certa intensità i contatti che si era creato a Belgrado, anche se per De Gubernatis il periodo di più intenso rapporto con il mondo serbo fu senza dubbio quello fra il 1887 e il 1889. In effetti, oltre alle vicende politico-diplomatiche in cui s'inserì con caparbietà, bisogna rammentare l'edizione francese del Dizionario biografico, piuttosto arricchita di nomi slavi meridionali rispetto alla precedente, alla quale collaborarono da Belgrado diversi conoscenti, in particolare il solito Bošković e forse il drammaturgo Matija Ban.[45] Occorre poi ritornare sulla pubblicazione, purtroppo di breve durata, della rinnovata «Rivista contemporanea», in cui una vera e propria linea guida era rappresentata dall'atteggiamento antiasburgico e dal parallelo risalto che assumevano gli italiani d'oltre confine e le popolazioni jugoslave, in particolar modo i serbi (Vedi III,2). Il principale collaboratore della rivista fu un combattivo serbo zaratino, lo scrittore Marko Car (1859-1953), perfettamente bilingue e profondamente integrato nell'ambiente culturale misto slavo-italiano della Dalmazia, e in special modo della città di Zara. Saputo, forse da qualche conoscente belgradese, che De Gubernatis si apprestava a pubblicare la «Rivista contemporanea», Car gli si rivolse direttamente, offrendo la propria collaborazione per quanto riguardasse l'area jugoslava ed i legami italo-slavi; ciò induce a supporre che De Gubernatis fosse in cerca di un collaboratore per quest'area e che avesse sparso la voce tra i conoscenti slavi e dalmati. Marko Car si presentò in maniera convincente, visto che il redattore della «Rivista contemporanea» accettò di ottimo grado la sua collaborazione:

      Ill.mo Signore,

    Ella vorrà scusare questo mio farmeLe inanzi con tanta libertà, ma avendo la coscienza di rivolgermi a uno dei pochissimi scrittori italiani cui stiano a cuore gli studi slavi in particolare, e le letterature straniere in genere, non mi feci scrupolo d'indirizzarLe questa mia, nella speranza di vederla bene accetta, come quella che proviene da uno slavo che ama e studia con passione l'arte e la letteratura d'Italia, e che però s'appiglia ad ogni mezzo, pur di contribuire per quanto gli sia possibile al commercio spirituale delle due razze. Tuttavia, come il nome dev'esserLe del tutto ignoto, io Le debbo una breve presentazione; presentazione che, del resto, è presto fatta. Sono, a momenti perduti, un pubblicista serbo, e nella mia qualità di dalmata, non senza uno spizzico di cultura italiana; vantaggio questo che mi mette talvolta in grado di presentare al pubblico slavo qualcuna delle gemme della letteratura italiana, e viceversa. Così ho pubblicato testé nel num.°37. del Fanfulla della Domenica un articolo sugli "Slavi al secolo XIX°", e nel num.°45. uno studio su "P.P. Njegosh, pincipe-poeta del Montenegro"; mentre ora sta per uscire nello stesso giornale un mio breve schizzo su "Mattia Ban, poeta e drammaturgo serbo".

    Nel momento che Le scrivo sto per terminare uno studio su "Vuk Stefanovic Karadzic e la poesia popolare serba", che sarebbe mia intenzione, anzi mio desiderio vivissimo, vedesse la luce con qualche altra cosa nel nuovo periodico che Ella sta per pubblicare in Firenze.

    Questo scritto sul Karadzic (di cui la Serbia sta per festeggiare il centenario), abbenché l'argomento non sia nuovo per l'Italia,[46] dovrebbe, io credo, riuscire interessante al vostro pubblico per alcune lettere inedite (o edite soltanto pochissimo in Germania) di Goethe, di Grimm, del Ranke, della Talvi, ecc. Del resto è mia ferma convinzione che la grande figura di Vuk Karadzic non fu mai posta nella sua vera luce dinanzi al pubblico italiano, epperò oso credere che un nuovo saggio sul celebre filologo e riformatore serbo, fornito, modestia a parte, da persona talqualmente competente, non dovrebbe riuscire superfluo; tanto piů che il mondo slavo incomincia ora, non dico ad essere studiato come si merita, ma ad avere in Italia (e, diciamolo pure, in Europa) il suo quarto d'ora d'attualità [...].

    Marco Zar

    Zara, 29 Novembre '87 [47]

De Gubernatis apprezzò senz'altro lo spirito intraprendente di Car e accettò sia di pubblicare l'articolo su Vuk Karadžić,[48] sia di intraprendere una collaborazione regolare, che avrebbe dato luogo, su suggerimento dello stesso De Gubernatis, ad una "Rassegna letteraria dei paesi jugoslavi":

      Ill.mo Signore,

    La ringrazio infinitamente della gentile accondiscendenza, ed oggi stesso Le rimetto sotto fascia il manoscritto del mio saggio sul Karadzic e la poesia serba, perché lo pubblichi, se possibile, ancora nel primo fascicolo della Rivista; se no, in uno dei primi numeri che si pubblicheranno.

    Quanto alla rassegna periodica ch'Ella mi chiede, farò del mio meglio per venire inocontro al Suo desiderio, soltanto mi rincresce di non poterlo fare già entro il corr. mese, a motivo di un'occupazione impreveduta che pel momento mi assorbe tutto.

    Mediante un libraio di qui mi associo alla Rivista; tuttavia Ella mi farebbe un favore segnalato facendomi mandare un esemplare separato del numero che conterrà il mio articolo. Vorrei mandarlo ad un amico di Belgrado[49] [...].

    Marco Zar

    Zara, 9 X[mbre] 1887 [50]

La prima rassegna di Car uscì nel fascicolo di marzo della «Rivista contemporanea» (M.Zar, Rassegna letteraria dei paesi jugoslavi, marzo 1888, pp.589-597). Vi si parlava principalmente di Ivan Gundulić, ma c'era spazio anche per varie notizie d'attualità culturale dalla Serbia, dalla Croazia e dalla Dalmazia. Vista la solerzia del collaboratore zaratino, De Gubernatis ricorse alla sua consulenza anche per la preparazione dele Dictionnaire international des écrivains du jour. In mancanza di contatti diretti con la Bulgaria, il redattore della «Rivista contemporanea» domandò informazioni non solo sulle personalità serbe e croate, ma anche su quelle della cultura bulgara; tuttavia su questo argomento neppure Car era in grado di aiutarlo:

    Quanto alle notizie su scrittori bulgari cadenti sotto le prime lettere dell'alfabeto, me ne rincresce tanto, ma non saprei indicargliene proprio alcuno. Del resto, temo che negli ultimi tempi la Bulgaria abbia dato assai pochi uomini al di sopra del livello comune, se si eccettuino i noti azzeccagarbugli politici che vennero a galla in questi ultimi anni. Il che non deve recar stupore, quando si pensi che un decennio addietro, quando l'illustre Gladstone lanciava in faccia all'Europa le sue famose Bulgarian atrocities, il popolo bulgaro languiva nel piů deplorevole abbruttimento ed era politicamente ignoto. Da quell'epoca, per quanto a me consti, non si fecero nome fuor de' confini del paese, altri uomini di qualche valore nelle scienze e nelle lettere, che i due storici Jireczek (che non è bulgaro di nascita) e Drinow, ed il poeta Vazow. Forse vi sarà stato qualche movimento nel giornalismo politico, ma io non saprei dargliene notizie, almeno per ora.[51]

Nel frattempo, la collaborazione alla «Rivista» sembra poter durare a lungo e fornire frutti abbondanti: Marko Car è pronto ad inviare rassegne regolari. Sennonché, le corrispondenze goriziane firmate C. (un italiano di Gorizia) e quella dalmata dello storico e pubblicista Giuseppe Sabalich (1856-1928), uscite fra marzo e aprile, innescano il divieto della censura austroungarica alla circolazione della «Rivista contemporanea» nel territorio dell'impero. La seconda rassegna jugoslava, spedita da Car in marzo, non esce né nel fascicolo di aprile né in quello di maggio, suscitando le apprensioni dell'autore:

    Zara, 10.V.'88

      Ill.mo Signore!

    Si sarebbe forse smarrita la mia ultima rassegna? Č già il secondo mese che non la vedo comparire. Caso mai fosse andata perduta, prego Vossignoria di avvisarmene con un cenno, affinché Le possa mandare un'altra copia dello scritto.[52]

Il tono sembra tradire una certa irritazione nei confronti del redattore che ritarda la pubblicazione. Ma nel fascicolo di giugno della «Rivista» venne alla luce la questione internazionale sollevata dalle autorità asburgiche, con le conseguenti proteste editoriali della rivista nei confronti della politica censoria dell'Austria. La rivista veniva bandita dal territorio asburgico, e allo stesso tempo Car non riceveva notizie nemmeno da De Gubernatis. Tale situazione lo indusse ad un amaro sfogo, una lettera che riuscì ad arrivare alle mani di De Gubernatis:

      Illustrissimo Signore,

    Ella vorrà certo scusarmi la soverchia noia che Le arreco co' miei scritti, ma siccome ignoro tuttora il destino dell'ultimo mio articolo inviatoLe per la Rivista, mi permetto di chiederLe ancora una volta se l'ha ricevuto, o meno.

    E mi prendo questa libertà, dopo essermi assicurato che né anche il fascicolo di giugno, giuntomi testé di contrabbando, contiene l'articolo.

    Atteso il modo con cui questo i. r. governo procede con la Rivista, non mi stupisce che tanto la lettera che conteneva il manoscritto, quanto una mia posteriore sollecitatoria, fossero cadute vittime di qualche malsana curiosità poliziesca; giacché, purtroppo, qui in Austria siamo sempre — e la protesta della Rivista ha colpito nel segno — siamo sempre, dico, ai bei tempi in cui Metternich era l'onnipotente e l'onnisciente ministro di stato, dinanzi al quale tutto doveva inchinarsi. Oh! voi avete un bel richiamarvi al trattato d'alleanza e minacciare la vostra nuovissima amica di rappresaglie analoghe.[53] L'Austria del conte Taaffe[54] non ha né giornali, né riviste degne di un popolo grande, culto e libero. Qui, il più odioso sistema d'oppressione grava ancora sulla stampa periodica, ed ogni pensiero deve avere la sua data uniforme, e la sola filosofia di Krug,[55] quale filosofia cesarea-regia, può essere professata alle Università austriache. Altro che luce! altro che progresso! altro che alleanze per tutelare con la pace le conquiste della civiltà!

    Chi vuol farsi un'idea della liberalità del governo austriaco, lo chiegga agli Italiani del Trentino, dell'Istria, della Dalmazia, che sospirano ancora sotto il suo pugno di ferro; lo chiegga ai Serbi d'Ungheria ed a quelli della Bosnia, dell'Erzegovina, della Dalmazia stessa, ne' quali si cerca di soffocare ogni libera e nazionale aspirazione.

    Ma ahimé! voi Italiani del Regno, siete troppo lontani e godete troppa libertà per poter immaginare le delizie della nostra polizia costituzionale; epperò provate gusto a dirigere dal Parlamento parole magniloquenti all'indirizzo dei nostri reggitori, che si affrettano a decorare i vostri ministri. E intanto l'Austria confisca i libri di Giovanni Bovio e di Giosué Carducci, e proscrive una pubblicazione del merito della Rivista contemporanea!

    Mi perdoni, per carità, questo piccolo sfogo, il quale, detto pubblicamente, basterebbe a procurarmi un trattamento eguale, se non molto peggiore, di quello toccato alla povera Rivista: cioè una provvisoria soppressione. Eppure quanto dissi non è che la pura verità.

    Mi conservi, egregio Signore, il Suo compatimento e m'onori quanto prima di un suo cortese cenno di riscontro. Le sarà tenutissimo

            Il suo dev[o] e obbl[o]

              M.Zar

    Zara, 9 luglio 1888[56]

La seconda rassegna di Marko Car uscì proprio nel fascicolo di luglio della rivista (pp.139-146), ovvero negli stessi giorni in cui lo scrittore serbo lanciava da questa lettera i suoi strali contro l'impero. Del resto, è difficile stabilire se De Gubernatis avesse tentato invano di comunicare con il suo collaboratore zaratino, o se il suo silenzio fosse indipendente dal filtro censorio attraverso cui verosimilmente passava la corrispondenza privata di Car. In assenza di un riscontro d'archivio, non sono in grado di stabilire se arrivarono a Car lettere di De Gubernatis in risposta a questo appello accorato alla libertà di espressione. Ma di fatto, si conclude qui, nel silenzio più fitto, la collaborazione letteraria e la corrispondenza privata fra Car e De Gubernatis.[57] L'esperienza della «Rivista contemporanea», d'altra parte, durò ancora pochi mesi, dopo di che anche questo interessante esperimento editoriale si spense prima di raggiungere un elevato livello di sviluppo.

Mi sembra da rilevare la coerenza e a tratti la combattività con cui De Gubernatis, nonostante la postura conciliante che assumeva normalmente, prese sempre a cuore le situazioni di irredentismo e le rivendicazioni nazionali dei popoli sottomessi ai grandi imperi dell'epoca: l'abbiamo osservato nei confronti di polacchi e ucraini sottoposti a spartizioni territoriali e al divieto di sviluppare la propria cultura, oltre alla libertà politica; l'abbiamo osservato nei confronti dei popoli balcanici, in particolare serbi e bulgari, in lotta per affrancarsi dal retaggio ottomano e dalle nuove ingerenze, tanto russe quanto (e soprattutto) austroungariche; l'abbiamo visto ora nella campagna della «Rivista contemporanea» per la libertà di espressione delle etnie sottomesse nell'impero asburgico, italiani e slavi che covavano le rivendicazioni nazionali che di lì a qualche decennio avrebbero demolito l'impero stesso. L'ostilità verso l'impero austroungarico rispondeva, certo, in buona misura alle frequentazioni di De Gubernatis: da una parte gli amici russi, dall'altra il nazionalismo di Louis Leger e di Stojan Bošković, anche se almeno nei toni meno De Gubernatis era molto piů moderato. Non può comunque stupire che occasionalmente egli divenisse punto di riferimento per inoltrare petizioni politiche a favore di popoli oppressi, o anche di semplici richieste di collaborazione. L'infocata attività della «Rivista contemporanea» nei confronti della Dalmazia e dell'Istria trova riscontri nell'epistolario di De Gubernatis. Capita così che, nel mandare la propria scheda bio-bibliografica per il Dictionnaire, si proponga per una collaborazione alla rivista anche lo scrittore raguseo Vid Vuletić Vukasović (1853-1933), amico di Marko Car, che desidererebbe scrivere qualcosa in italiano, pur riconoscendo di essere ancora uno sconosciuto per il pubblico nostrano.[58]

Un altro Vuletić, un diciottenne dell'isola di Sinj, "Marco di Giovanni Vuletich", come si firma, scrisse a De Gubernatis di essere uno studente povero a cui le autorità universitarie non concedevano stipendio in quanto lui si sentiva italiano e non croato: si appellava perciò all'illustre professore perché intercedesse presso qualche università italiana. Marco Vuletich aveva un curriculum di tutto rispetto, nel quale figuravano un articolo sulla "poesia popolare della Serbia nella letteratura italiana", traduzioni da Puškin e Lermontov e uno scritto sulle poesie popolari "malorusse" e su Ševčenko.[59] Da una seconda lettera, in cui Vuletich insiste nel cercare l'appoggio di De Gubernatis, "uno dei pochi a conoscere le letterature slave", veniamo a sapere che ha pubblicato anche qualche cosa su riviste croate, per esempio "una traduzioncella dall'italiano, uno schizzo di Paolo Mantegazza Maria, la pazza", pubblicata dal «Narodni list» di Zara nel 1887, oltre a un suo bozzetto e ad una recensione, firmandosi sempre con lo pseudonimo Marco Ivanov.[60] A distanza di un mese, il giovane dalmata torna a scrivere fiducioso, avvertendo oltretutto di essere in procinto di partire per Firenze, dove per mantenersi conta di poter scrivere mensilmente una cronaca letteraria russa per la rivista di De Gubernatis. A questo punto, di fronte all'invadenza eccessiva del giovanotto, De Gubernatis gli scrive per dissuaderlo premurosamente dall'idea avventata. Lieto epilogo della vicenda, arrivano i ringraziamenti di Vuletich per i saggi consigli del maestro: il giovane non lascerà per il momento la sua Dalmazia, da dove, anzi, si accinge a scrivere su commissione del Vijenac di Zagabria un saggio biografico su De Gubernatis e sulle sue opere sugli slavi.[61]

Facendo un'ulteriore digressione dall'ambito serbo, vorrei riportare un esempio di appello politico in favore di nazioni oppresse, quella armena e quella macedone, "scovato" nell'epistolario di De Gubernatis. Da Parigi scrive nel maggio 1903 lo storico ed orientalista armeno Ambrosius Galfayan (1826-1906), per segnalare che presto avrà luogo a Roma un meeting internazionale coordinato da un conte Jean Loris-Melikoff, "en faveur de l'Armenie et de la Macédoine. Je suis certain que vous ferez entendre votre voix dans ce meeting, pour defendre la cause des peuples odieusement opprimés".[62] È un buon indizio, insieme ad altri simili, della risonanza dell'impegno politico di De Gubernatis, specialmente negli anni dei suoi viaggi semi-diplomatici per il mondo.

Per ritornare all'argomento serbo, occorre dire che dopo l'intensa attività svolta sul finire degli anni '80, De Gubernatis riprende a coltivare i suoi contatti solo verso il 1892, quando si rivolge al vecchio amico Bošković in occasione del centenario colombiano. Bošković si trova ora a Bucarest, ambasciatore serbo fresco di nomina, ma si interessa comunque alla stesura della pergamena celebrativa serba, destinata all'album internazionale colombiano coordinato da De Gubernatis. Bošković non manca anche in questa situazione di allettare l'amico con nuove onorificenze,[63] tuttavia la sua assenza da Belgrado impedisce ulteriori sviluppi, mentre il carteggio langue per diversi anni, i contatti si allentano. De Gubernatis ne approfondisce però degli altri, in particolare con il politico e giornalista Stevan Popović (1845-1918), conosciuto a Firenze nel 1887, e con un altro politico, lo storico Milenko Vesnić (1862-1921), pure conosciuto attraverso una presentazione di Stojan Bošković intorno al 1896. Proprio Popović e Vesnić mettono in atto l'antico progetto di De Gubernatis di visitare la Serbia per pubblicare uno studio divulgativo sul paese. Di particolare interesse è la figura di Milenko Vesnić, che sul finire della sua esistenza diventò presidente del consiglio jugoslavo (1920) e come tale firmò il trattato di Rapallo con l'Italia (1921), con la quale ebbe un'intensa frequentazione. Il suo carteggio con De Gubernatis, abbastanza consistente, tocca da vicino alcuni momenti cruciali della vita di Vesnić e dei suoi rapporti con il potere in Serbia.

Nel 1896 Vesnić proponeva inizialmente che De Gubernatis tenesse a Belgrado una sola conferenza, in francese, destinata ad un pubblico ampio. Sul tema della conferenza, su cui De Gubernatis era incerto, forniva qualche spunto:

    Une conference sur les femmes peut-ętre vient très bien. Maintenant on peut traiter ce sujet de différents points de vue.[64] Une autre qui serait beaucoup mieux à sa place, mais pour laquelle je ne sais pas si le temps Vous suffira consisterait à parler des relations entre les États italiens et la Serbie du Moyen Âge ainsi que dans notre siècle. Ce dernier sujet trouverait un auditoire très reconnaissant. Un troisième sujet: le rôle des littératures dans l'oeuvre de rapprochement des nations et de leur pacification.[65]

L'organizzazione del viaggio, previsto inizialmente per il maggio 1896, subisce diversi ritardi, ma ciò permette a Vesnić e De Gubernatis di definire meglio i contenuti della conferenza, che nel frattempo si triplica: "une pour le public, une autre pour la cour (sous reserve) et une troisième pour l'université, toutes les trois en français".[66] Stabilito l'arrivo di De Gubernatis per il periodo di carnevale del 1897, Vesnić e Popović preparano al professore italiano un'accoglienza solenne, per organizzare la quale ottengono un paio di udienze dai reali di Serbia:

    J'ai eu l'honneur d'ętre reçu en audience privée par S.M. le Roi hier pour fixer définitevement les détails de Vos conferences. Sa Majesté se rejouit d'avance de votre arrivée, se souvient avec plaisir de Ses jours de Florence oů il a eu la chance de vous connaître,[67] et compte que S.M. la Reine Nathalie sera à Belgrade pour les jours de vos conférences chez nous. C'est pourquoi Il a daigné choisir Le rôle de la femme dans la vie moderne comme sujet que vous aurez la bonté de traiter à la cour le 27 du moi prochain vers les 9 h. du soir.

    Comme le lendemain de ce jour est une dimanche, je pense que ce sera bien de faire la conférence pour le monde de Belgrade aussi à 9 h. du soir au Casino Civil; elle sera suivie d'une soirée dansante, ce qui ne déplaira pas, je le suppose, à Mademoiselle De Gubernatis.[68]

    Le lundi suivant vous donnerez votre conférence à la Haute École. Le sujet de la conférence du Casino pourrait être Nationalité et Humanité et celui de la Haute École: La situation des Slaves en Europe [...].

    Nous vous attendrons avec impatience. Arrangez de quitter Budapest le 24 à 14.25 de l'après midi pour être le soir à Belgrade, puisqu'il faudra que le lendemain vous auriez une audience auprès de Sa ou plutôt de Leurs Majestés.[69]

Tutto si svolse secondo i piani e nel migliore dei modi. De Gubernatis si impegnò a queasto punto a completare il progetto con il previsto libro in francese sulla Serbia, sulla falsa riga di quello di una decina d'anni prima dedicato all'Ungheria (L'Hongrie politique et sociale, Florence, 1885). Ma essendo stata la sua visita assai breve e troppo assorbita da cerimonie, ricevimenti e mondanità belgradesi, il libro non avrebbe potuto basarsi su sue reali osservazioni personali, e anche la sua conoscenza indiretta della Serbia era piuttosto inconsistente. Perciò, De Gubernatis si appellò alla consulenza degli amici belgradesi, tra i quali Vesnić e Popović assicurarono sin da subito la propria disponibilità. Avendo il libro intenti piů o meno apertamente propagandistici, Vesnić non mancò di rammentare alcuni punti che avrebbe gradito veder sviluppati ("Je tiens à ce que les deux questions surtout n'y soient point omises: celle de la Bosnie et celle de la Macedoine"),[70] e suggerì di rivolgersi anche alla consulenza del diplomatico Pavlović, in servizio a Roma, "qui est un męme temps un lettré et qui viendra probablement Vous chercher".[71] Nonostante tutto, alle discrete pressioni per avere una sorta di controllo sullo scritto di De Gubernatis fece seguito nei mesi successivi una certa "inerzia slava", per dirla col Leger, da parte di tutti i volontari collaboratori serbi. Soltanto alla fine della primavera Vesnić distribuì fra i colleghi impegnati nell'iniziativa un questionario preparato da De Gubernatis al fine di raccogliere materiali utili. Vesnić fornì all'amico una bibliografia ragionata attraverso cui documentarsi:

    Ranke, Serbien und die Türkei et Gopćević, Macedonien und Alt-Serbien. En français: Saint Réné Taillandier, J. Reinach et Thiers,[72] Borchgrave et R. Millet (les deux derniers ont été ministres en Serbie; leurs ouvrages ont surtout la valeur pour les questions économiques). J'ajointe à tout cela pour votre gout personnel: D'Avril Ad. La bataille de Kossovo, Paris (Libr. du Luxembourg) 1868. — En anglais: Thomson, The outgoing Turk, London (Heissmann) 1897.[*] Dans le męme sens que D'Avril je pourrais vous citer Talvj, Volkslieder der Serben, Leipzig (Brockhaus) 1853, ainsi que Dozon, La poésie nationale serbe. [...]

    J'ajoute qu'avec Ranke vous pourrez consulter pour l'époque aussi Cunibert B.-S. Essai historique sur les révolutions et l'indépendance de la Serbie, Leipzig 1853. L'auteur est un piémontais qui a été dans les services du prince Miloche. Un de ses descendants avait publié il y a 2 ou 3 ans une brochure sous le titre la Serbie, publié à Turin [...].[73]

Oltre a questa segnalazione, per diversi mesi a De Gubernatis arrivarono da parte di Vesnić soltanto richieste di pazientare e assicurazioni sul prossimo arrivo di materiale da parte di Popović, Novaković e dello stesso Vesnić, tutti impegnati in altre attività. I primi materiali pervennero a De Gubernatis nell'autunno del 1897: erano delle note storiche di Stojan Novaković sulle interrelazioni storico-culturali dei serbi con gli altri popoli balcanici e con l'Italia, nelle quali si valutavano in particolare gli influssi esercitati sulla Serbia da parte di culture straniere, come l'italiana, la russa, la tedesca e la francese. De Gubernatis si servì solo in parte di questi interessanti materiali, conservati in una cassetta di "illeggibili" alla Biblioteca Nazionale di Firenze.[74] Vesnić invece inviò un quadro sintetico sulle belle arti in Serbia, scritto da Z. Rajić, anch'esso utilizzato in parte da De Gubernatis e conservato nella stessa cassetta di "illeggibili";[75] già per lettera Vesnić aveva fornito alcune indicazioni sulla pittura serba contemporanea, segnalando in Paja Jovanović il miglior pittore serbo:

    En titre de renseignements je dois vous ajouter, que notre meilleur peintre n'est pas M. Theodorovitch comme vous l'aviez supposé mais M. Paul Jovanović originaire de Verschatz, en Banat et vivant en peu da pertutto, surtout à Paris, à Vienne, à Munich et à Londres. Il est surtout distingué par ses études de la vie et des moeurs en Monténégro, en Hérzégovine et en Albanie. C'est dans ce genre qu'il est le maître incontestable. Ses meilleurs tableaux sont vendu en Amérique du Nord et en Angleterre. Je vous en cite: La Naissance du poème de Kossovo, le début dans le duel, le cabaret monténégrin (de Podgoritza), la Vendetta, la révolution de Iakovo, Immigration des Serbes en Autriche-Hongrie (au palais de Belgrade, l'immigration à la Galicie du patriarche de Karlovitz) etc.

    Je vous ai envoyé aussi le portrait du général Grouitch,[76] notre ministre à St.Pétersbourg, un de nos hommes politiques les plus prudents [...].

    Je vous prierai de ne pas presser la conclusion du volume, comptant de vous envoyer en peu de temps quelques renseignements precieux encore qui pouvraient y trouver place.[77]

Nonostante la sostanziale carenza e lentezza negli aiuti promessi, Vesnić insisteva dunque perché il volume di De Gubernatis non uscisse prima del loro arrivo. Tuttavia, né lui né gli altri colleghi belgradesi nei mesi seguenti fornirono ulteriori contributi, cosicché Vesnić dovette finalmente arrendersi all'evidenza e accontentarsi di segnalare che "des notes assez exactes sur les hommes politiques de la Serbie se trouvent dans Sentupery, L'Europe politique, huitième fascicule, 1895".[78] Molto piů interessanti sono le informazioni piuttosto confidenziali che Vesnić offriva su un personaggio ben noto della scena politica serba, Vladan Đorđević, con il quale De Gubernatis aveva avuto in passato dei contatti epistolari, e sul re Milan: difficilmente, però, notizie del genere sarebbero potute rientrare nel libro in preparazione:

    Dr. Vladan Georgevitch est un ancien médecin-chirurgien de la fac. de Vienne. Il a été médecin personnel du roi Milan et on l'accuse d'avoir joué à cette époque un rôle pas très honorable. On l'accuse aussi des intrigues qui ont amené le divorce royal. En réalité c'est sous sa gérence du min. des cultes, que le métropolitaine Théodore avait prononcé, sous sa pression et celle du roi Milan, le divorce en 1887 qui a été annulé plus tard.[79] Dr. Vladan a une seule qualité: il est un grand travailleur. Mais personne en Serbie ne le prend au sérieux. Il est protégé du roi Milan et comme tel il a été nommé ministre à Athènes puis à Constantinople oů l'on ne s'est point loué de lui. Il parait que la crise ministerielle est de nouveau à l'ordre du jour; elle est męme imminante vu que Vladan n'a point d'appuis chez le pays.

    Le roi Milan est d'après moi dépuis longtemps un neurasthénique ou au moins un individu anormal. Il a des idées fixes, une entre autres: que le pays est antidynastique; si męme celui-ci ne l'a pas été jusqu'à maintenant — après toutes les excitations, il lui forcera pour ainsi dire la main et il jouéra le trône de son fils dont il paraît trop peu s'occuper.

    Nous sommes malheureux en Serbie de ce que notre jeune roi ne paraît pas posséder assez de propre volonté, de ce qu'il se laisse influencer, et ces influences ne vont point ni dans l'intéręt du pays ni dans son propre intéręt. L'influence du père est la plus forte et la plus funeste; il paraît qu'il y ait des moments oů il le fascine. — Qu'est-ce qu'il en sortira? Dieu seul le sait.[80]

La posizione critica di Vesnić nei confronti del re e di Đorđević rispecchiava un conflitto sempre piů drammatico ai vertici dello stato serbo. Aleksandar Obrenović si era liberato del consiglio di reggenza nel 1893, a diciassette anni, assumendo le piene funzioni di re e ripristinando la costituzione del 1869; inoltre, aveva richiamato il padre Milan a funzioni politiche, affidandogli il comando supremo delle forze armate. Naturalmente, dietro a questa situazione c'era una lotta di potere per conquistare il favore del re e per influire sulla sua condotta politica. Già nel 1895 era ritornata in Serbia la regina madre, Natalija, con la conseguenza di sottrarre Aleksandar all'influenza di Milan e della cerchia di potere legata all'ex-re. Con il ritorno di Natalija, al governo era stato chiamato Stojan Novaković, che si era adoperato nella prospettiva di creare una coalizione di stati balcanici in funzione principalmente antiturca. Nel 1896 Aleksandar aveva poi chiamato al potere il radicale Đorđe Simić, il cui governo sarebbe caduto l'anno successivo, quando Aleksandar ricadde sotto l'influsso di Milan e fece allontanare dalla Serbia Natalija, contrariato dall'opposizione che la madre faceva al suo desiderio di sposarne la dama di compagnia, la bella vedova Draga Mašin. Il ritorno di Milan aveva significato un inasprirsi del dispotismo di Aleksandar, che creò un governo di funzionari fedeli guidato dal dottor Vladan Đorđević (1897). L'accusa di Vesnić, che il re Aleksandar mancasse di volontà propria e si lasciasse plagiare dal padre e dall'influente Đorđević è indicativa del clima di sordo contrasto che serpeggiava ai vertici dello stato serbo nel periodo della cosiddetta vladanovština, il governo autoritario di Vladan Đorđević. Lo stesso Vesnić era, si capisce, in una posizione di antagonismo ancora abbastanza velato nei confronti del re e del suo stato maggiore. Ma pochi anni dopo, in seguito ad un attentato fallito nei confronti di Milan (1899), Đorđević scatenò una dura repressione nei confronti dei partiti antagonisti al governo, colpendo in particolare i radicali. Anche Vesnić dovette sperimentare di persona nel 1899 la prigione, messo sotto accusa per delle lettere di contenuto politico che aveva spedito alla redazione di un giornale parigino, «Le temps». Vesnić fu poi graziato nel 1900, riabilitato dal nuovo corso di cose che si produsse in seguito al matrimonio di Aleksandar con Draga Mašin, consumato durante l'assenza dal paese di Milan e Vladan.

Nel frattempo, alla fine del 1897 aveva visto finalmente la luce il volume di De Gubernatis, La Serbie et les serbes. Lectures et impressions, che in Serbia fu salutato da un coro concorde di lodi soddisfatte.[81] Per la verità, il libro si dilunga in buona parte nel rendiconto autocompiaciuto sull'accoglienza ricevuta a Belgrado e sulle celebrazioni mondane con cui De Gubernatis e la figlia erano stati onorati, per poi riportare i testi delle sue tre conferenze, con le solenni proposizioni in favore di una pacifica sistemazione federale e fraterna dello scacchiere balcanico: il ruolo di saggio consigliere dei re infervorava particolarmente il professore torinese... La prima metà del libro è invece occupata da una descrizione piuttosto manualistica della Serbia, presa dal punto di vista geografico, storico, politico, sociale, con qualche riferimento ai costumi folklorici, ma il tutto è, ovviamente, di seconda mano e poco sviluppato. Stando a De Gubernatis, i serbi sarebbero discendenti degli antichi daci, e non si distinguerebbero dai romeni se non per il diverso sviluppo storico che li avrebbe portati a fondersi e ad assimilare le popolazioni slave giunte più tardi nei Balcani:

    cette race dace qui, après avoir donné des Décébales, enfantait des grandes empereurs romains [...], a hérité de Rome le génie de l'assimilation; et par ce génie [...] Serbes et Roumains semblent appelés à une action hégémonique parallèle, civilisatrice dans la peninsule balcanique.[82]

Nei Balcani ci sarebbero solo tre razze: Daci, Macedo-Epirioti (da cui discenderebbero gli albanesi) e Greci. Gli altri popoli, come bulgari e turchi, sarebbero stati assorbiti da queste tre razze: "La première civilisation des Slaves est encore le mérite essentiel des Serbes [...]. Le Serbe et le Roumain au nord, le Bulgare et l'Albanais au sud dont des Daces et des Thraces plus ou moins dégradés et modifiés".[83] Analizzando la situazione geopolitica dei serbi, De Gubernatis evidenzia la loro difficile convivenza con gli albanesi nella cosiddetta Stara Srbija, in territorio ancora soggetto all'impero ottomano. Vengono descritte abbastanza dettagliatamente la Metohija ed il Kosovo, il che indurrebbe a pensare che De Gubernatis vi si sia recato, sebbene la cosa appaia improbabile. I problemi odeirni di questa regione si riflettono bene in una testimonianza di un secolo fa:

    Depuis la domination turque, dont ils ont été en Europe le plus vaillant soutien, les Albanais sont devenus pour les Serbes et pour les Monténégrins, des voisins assez incommodes; leurs moeurs sauvages, à la montagne surtout, et leur système de brigandage n'ont trouvé aucun obstacle et aucun frein de la part du gouvernement turc.[84]

Ma più che dai turchi e dagli albanesi, i pericoli maggiori per la nazionalità serba vengono dall'impero asburgico. Secondo De Gubernatis, l'Austria dovrebbe piuttosto adoperarsi per creare una "Serbie autrichienne" indipendente come l'Ungheria, ma la sua politica è invece di repressione degli slavi. In quanto alla Russia, grande speranza dei serbi, essa cede troppo alla Realpolitik e si adegua ad una prospettiva di spartizione dei Balcani con l'Austria. Non resta perciò che rilanciare il motto "les Balkans aux peuples balcaniques". Nella stessa prospettiva, De Gubernatis critica il progetto di Francesco Crispi di creare un protettorato italiano in Albania: l'influenza che l'Italia deve estendere deve essere soltanto spirituale, riconducendo idealmente al tempo in cui Venezia e Ragusa fecero lo splendore culturale della Dalmazia.[85]

A Belgrado De Gubernatis entrò in contatto con la corte, ed ebbe modo di osservare di persona i protagonisti della politica serba. Al momento della visita, nella primavera del 1897, era ancora in piedi il governo del radicale Simić, destinato a cadere prima del termine dell'anno. Ancora dominava a corte la regina madre, Natalija, donna ancora giovane e molto bella, che fece su De Gubernatis una forte impressione, così come si fece notare Draga Mašin, ancora dama di compagnia della regina, ma già dotata di un potere autonomo sul re: De Gubernatis e sua figlia Cordelia furono "accueillis par le Maréchal de la Cour et par la Dame d'honneur de la Reine Nathalie, une veuve intéressante, distinguée et intelligente, M.me Draga Machin" (p.229). Proprio Aleksandar appare in questo quadro una figura secondaria, succube della madre, ma anche del padre, e privo di personalità: "Le roi Alexandre adore et chérie sa mère qui continue à veiller sur lui, et venère son père qui, cependant, risque souvent, avec le bien ętre et la paix de son pays, la couronne de son fils".[86] Naturalmente, queste osservazioni si inseriscono in un contesto di cortesie, ricevimenti, balli e lodi prodigate a ciascuno degli eminenti accademici e politici conosciuti a Belgrado. Il contenuto del libro è in generale laudatorio e, così come tutti gli altri volumi di questo genere scritti da De Gubernatis, mira ad accattivarsi la simpatia della nazione descritta. Fra le tante lodi al libro giunte dalla Serbia, una, quella di Milenko Vesnić, si distingue per essere accompagnata da una palese insoddisfazione verso la situazione politica della Serbia, e allo stesso tempo è sintomatica di un sentimento di isolamento e quasi di persecuzione ricorrente ancora oggi (in condizioni analoghe, ma certo molto peggiori) fra gli intellettuali serbi. Scriveva infatti Vesnić:

    En mon propre nom et en ma qualité de serbe je vous remercie de tout mon coeur pour votre excellente et important livre qui nous est d'autant plus cher qu'il arrive à un moment ou tout le monde crie contre nous.

    Tout n'est point fleurs en Serbie: le juge superficiel peut nous facilement condamner sans crainte d'être accusé de parti pris; un juge consciencieux cherchera à s'expliquer les choses, — vous avez été un juge consciencieux et bienveillant. Merci! Mille fois merci![87]

Come si è detto, per la sua opposizione a Milan e a Vladan, Vesnić fu imprigionato per qualche tempo tra il 1899 e il 1900.[88] Dalla prigione, il politico serbo ebbe modo di indirizzare una breve lettera commemorativa per il cosiddetto "Giubileo De Gubernatis", la celebrazione che venne organizzata per il sessantesimo compleanno del professore italiano, accennando alla propria condizione di carcerato:

    Pensant à M. le Comte de Gubernatis les vers de Giusti, presentant l'idéal de l'homme de notre siècle me reviennent à la mémoire. Et comme "cittadino nella sua città" et comme "italiano in Italia" et comme "uomo nell'umanità" et comme homme de science et de lettres il fait partout honneur à ceux auxquels il appartient.

    Je suis heureux de pouvoir m'associer à ses nobles concitoyens en salutant en lui le plus digne représentant actuel du pays de Dante, de Petrarca et de Silvio Pellico.

    Pojarevatz (Serbia)

    Prison d'État

    le 15/28 mars 1900 Mil. R. Vesnitch[89]

L'anno successivo Aleksandar sposò, contro la volontà di Milan e di Natalija, Draga Mašin, dando anche inizio ad un nuovo periodo di politica con_traddittoria: nel 1901 concede una nuova costituzione, l'anno dopo la revoca per tornare ad una forma di potere strettamente personale. Alla riabilitazione di Vesnić è forse legato un appello di De Gubernatis alla regina Draga: con ciò, De Gubernatis ebbe una buona occasione per prolungare il proprio "idillio" con i regnanti di Serbia, e in particolare con la novella regina Draga, alla quale, stando a Vesnić, lo studioso italiano aveva rivolto una "charmante lettre". Così riferiva Vesnić da poco tornato in libertà

    Belgrade, le 22 oct./4 nov. 1900

      Mon très honoré ami,

    J'ai été très heureux d'avoir reçu votre si aimable et si touchante lettre du 22 oct. n.s. Ma réponse à celle-ci a été rétardée par le désir de savoir si Sa Majesté notre Reine Draga vous avait déjà répondu à la lettre que vous lui aviez adressé au mois de juillet et de la quelle Elle m'avait parlé il y a juste un mois à l'occasion de ma première réception à Smédérévo, oů le couple royal a passé la lune de miel. La Reine m'a dit alors qu'Elle avait reçu de vous une charmante lettre et qu'Elle vous aurait déjà répondu si Elle avait eu votre adresse. Dès que la cour royale est rentrée à Belgrade je me suis empressé d'envoyer à la demoiselle d'honneur de la Reine votre adresse officielle, ne trouvant pas dans mes papiers en désordre dépuis mon arrestation celle de votre habitation. Je compte qu'en ce moment-ci vous étes déjà en posséssion de la réponse de Sa Majesté, qui a réussi, je puis vous le dire, de gagner les coeurs des Serbes par la noblesse de Son coeur et par la délicatesse de Ses manières.

    Vous étes très aimable et généreux en suggérant l'idée de ma nomination en qualité de ministre de Sa Majesté auprès du Quirinal. Je vous confesse très franchement que ce serait l'idéal de mes ręves. Mais malheureusement pour moi le titulaire pour ce poste si important a été nommé avant ma rentrée de l'étranger ou j'étais allé un peu pour me remettre et un peu aussi pour travailler avec mes amis et collègues de l'Institut de Droit International qui a siègé cette année à Neuchâtel.

    Ŕ ce moment męme je ne sais pas encore ce que je ferai: rentrerai-je au service d'État ou embrasserai-je la carrière d'avocat? Cela se décidera en tout cas dans peu de temps.[90]

La scelta di Vesnić si compie ancora in favore del servizio di stato; nel 1901 è in Italia per un viaggio di studio, e a Venezia ha l'occasione di frequentare due conoscenti di De Gubernatis, il professor Del Vecchio e "l'archiprętre russe" (forse l'archimandrita Pimen Blagovo).[91] I rapporti vanno diradandosi, così come è ormai alle spalle l'interesse di De Gubernatis per i Balcani e per la Serbia, dove nel frattempo la situazione politica si stava deteriorando sempre di piů, e si era innescato quel processo critico che culminò drammaticamente nel 1903 con la fine cruenta della dinastia degli Obrenović. Come si è detto, il matrimonio di Aleksandar Obrenović con Draga Mašin, celebrato contro la volontà della regina madre, aveva incrinato l'unità della famiglia reale, offrendo nuovi argomenti agli oppositori del re. Si poneva oltretutto la questione della successione al trono, poiché Aleksandar era privo di un erede ed il matrimonio non dava i risultati sperati. Il 28 maggio 1903 il regno degli Obrenović trovò una conclusione tragica: alcuni ufficiali della guardia congiurati irruppero negli appartamenti reali e assassinarono Aleksandar e Draga a colpi di rivoltella. Di fronte al fatto compiuto, il parlamento serbo richiamò dall'esilio Petar Karagjorgjević, discendente del casato rivale agli Obrenović. Ancora una volta, Vesnić doveva lamentare l'eterna instabilità del proprio paese, lacerato internamente e circondato da due imperi minacciosi, per quanto ormai moribondi:

    Belgrade le 7/20 juin 1903

    Mon bien cher ami,

    Il est vrai que mon pauvre pays vient de passer par une crise épouvantable. je veux espérer que ce soit la dernière et je puis vous dire que j'ai toutes les raisons à le croire.

    Vous avez bien défini notre nouveau roi. Quoique plus âgé il veut ressembler à son Royal beau-frère et ceci sera la plus sűre garantie pour notre pays et pour notre nation.

    Sur l'insistance répétée j'avais accepté le poste de Constantinople [...]. Pour le moment je ne sais pas encore si ma candidature à ce poste sera conservée ou non. Mon ręve serait, vous pouvez me le croire, de rentrer à Rome que j'ai quitté le coeur saignant, ne pouvant plus, devant une opinion publique éclairée et sympatique pour mon pays défendre les aventures dans lesquelles se lançait le pauvre roi Alexandre avec son nouveau système de gouverner.[92]

Dal punto di vista personale, il terremoto dinastico favorì la carriera politica di Vesnić, che raggiunse, ormai vecchio, i massimi vertici dello stato, prima serbo e poi jugoslavo. Del neonato regno di Jugoslavia Vesnić fu presidente del Consiglio (1920), e in tale veste firmò con l'Italia il trattato di Rapallo che sanciva i problematici confini tra i due stati.

Vesnić è l'ultimo amico serbo con cui De Gubernatis si mantiene in contatto. Del resto, negli ultimi anni di vita il mondo slavo uscirà quasi completamente dall'orizzonte di De Gubernatis, fatti salvi episodi sporadici e di poco conto e la tarda parentesi rappresentata dalla società filopolacca in onore di Chopin (vedi il capitolo sulla Polonia).

  1. Non si possono mettere in conto le abbastanza sporadiche notizie serbe e croate apportate alla «Rivista europea» da Louis Leger, perciò mi limito a segnalare le seguenti: "Notizie lett. straniere": Serbia , in «Riv.eu.», ago.1873, pp.630-632 [un passo sul teatro in Serbia riportato dal libro Le drame moderne en Russie di Leger]; L.L. e A.W. [A.Wołyński], "Not.lett.slave", gen.1874, ibid. , pp.397-400 [dedicata alla cultura croata]; L.Leger, "Not.lett.slave", ibid. , mar.1875, pp.174-176 [notizie su Serbia e Croazia]; L.Leger, "Mondo slavo. Not.slave", ibid. , mar.1876, pp.195-198 [notizie sulla Croazia]; L.Leger, "Mondo slavo. Not.lett.", ibid. , ott.1876, p.371-374 [il «Vijenac» di Zagabria]. Inoltre, si segnala una rubrica anonima del luglio 1871, nella quale un paio di pagine sono dedicate agli "jugoslavi", ovvero a spiegare quali popoli comprenda tale etichetta, cosa li unisca e in cosa si differenzi l'austroslavismo dal panslavismo filorusso ("Mondo letterario": La Jugoslavia , ibid. , lug.1871, pp.383-385).
  2. In generale, sugli sloveni De Gubernatis fa un unico accenno in una delle sue "Rassegne delle letterature straniere" sulla «Nuova Antologia», recensendo un libro divulgativo austriaco, Die Slovenen di Josef Šuman, che a detta sua colmava un grave vuoto nella conoscenza di questo popolo («N.A.», gen.1882, pp.347-352).
  3. Vedi la lett. s.d. [1878] di Leger, citata nel capitolo II,4.
  4. S.Novaković, Belgrade, 16 Decembre 1878, BNF, cart.DG, 93,9.
  5. S.Novakovic', Lettre de Belgrade , «Rev.int.», I,1, dic.1883, pp.174-180; II,2, apr.1884, pp.279-283.
  6. Vedi S.Novaković, Belgrade, 24 évrier 1884, BNF, cart.cit.
  7. Qualche informazione diretta su questo influente personaggio si può ricavare da una lettera autobiografica del 1888 dello stesso Đorđević, scritta per il Dict. : in gioventù aveva fornito delle prove letterarie, in particolare alcuni lavori teatrali; «en 1877 nommé chef de section au Ministère de l'Interieur (pour le service sanitaire du pays)». Fu sindaco di Belgrado dall'aprile del 1884 all'agosto del 1885, ma «immédiatement après nommé, en ma qualité de Colonel de reserve, Médecin en chef de l'armée, j'ai commandé les troupes sanitaires et les hôpitaux de campagne pendant la guerre serbo-bulgare 1885-86. Après la guerre [...], mis en disponibilité, j'ai continué la publication de une Revue mensuelle "La patrie" ("Otadžbina") que j'avais interrompu à cause de ma réforme du service sanitaire et de mon passage à la Mairie de Belgrade. De cette Revue ont parues jusqu'à présent 70 livraisons [...]. Outre l'histoire de la dernière guerre, j'ai commencé à publier dans cette Revue une étude sur "les affaires étrangèrs de la Serbie depuis 1804 jusqu'à nos jours". Quant aux articles des journaux, discours au parlement (en 1884 j'ai été deputé) etc., tout cela ne cause pas la peine d'être mentioné» (V.Đorđević, Belgrade le 2 Février 1888, BNF, cart.DG, 63,23).
  8. V.Đorđević, 9/21 Januar 1884, Belgrad, BNF, cart.DG, 64,75.
  9. ibid.
  10. S.Bošković, Belgrade, 27 Novembre 1884, BNF, cart.DG, 15,15.
  11. S.Bošković, Belgrade, 27 Novembre 1884, BNF, cart.cit. Naturalmente, il Dictionnaire prenderà corpo solo alcuni anni dopo, e Bošković presterà la propria collaborazione alla stesura dei profili biografici serbi.
  12. Bošković si riferisce alla pubblicazione, avvenuta alla fine del 1884, di Naoumi, nouvelle tirée de la vie des juifs de Belgrade («Rev.int.», IV,6, dic.1884, pp.732-747), opera, per l'appunto, dello scrittore Haim Davičo (1854-1918), il primo scrittore di lingua serba della comunità sefardita belgradese. Davičo, che a quel tempo era cancelliere del consolato serbo a Budapest, indirizzò la novella a De Gubernatis, raccomandato "très chaleuresement" da Stojan Novaković. La novella, che in originale era stata pubblicata dalla rivista «Otadžbina», fu tradotta da uno dei "plusieurs Français de Belgrade qui font traductions du serbe", l'amico Émile Chaix, "sécretaire au Ministère des Affaires Étrangères" (H.Davičo, Budapest le 24 Mars 884, BNF, cart.DG, 33,131).
  13. A dispetto di quanto, con una certa malevolenza, affermi Bošković, la comunità ebraica di Belgrado rivestiva proprio in quegli anni una sua importanza all'interno della diaspora sefardita, avendo avviato la pubblicazione di una delle prime pubblicazioni periodiche in ladino, «El amigo del puevlo». Su Davičo e sugli ebrei di Belgrado, vedi K.Vidanović Petrov, Isolamento e assimilazione: il caso dei Sefarditi in Jugoslavia , in Ebrei e Mitteleuropa , a cura di Q.Principe, Gorizia, 1984, pp.224-229. Inoltre, anche a livello demografico quello di Belgrado era uno dei maggiori centri ebraici nei Balcani, e a cavallo fra il XIX e il XX secolo contava una popolazione tra le 5000 e le 10000 persone (vedi Atlas univerzálních dìjin židovského národa , hlavní vydavatel E.Barnavi, Praha, 1995 [Paris, 1992], p.212).
  14. Un'osservazione di notevole attualità! Evidentemente, questi avvertimenti sono destinati a cadere ogni volta nel vuoto, se la questione balcanica si ripresenta puntualmente in tutta la sua virulenza e fondandosi più o meno sulle stesse premesse ... D'altra parte, Bošković, pur impostando la questione in maniera corretta, mira pur sempre a promuovere il punto di vista di una sola delle molte parti in causa.
  15. Il poeta Apollon Nikolaevič Majkov (1821-1897).
  16. Gyula Andrássy (1823-1890), statista; Gusztáv Kalnoky (1832-1898), ambasciatore asburgico a Pietroburgo.
  17. Argomentazioni sicuramente in grado di toccare De Gubernatis, che sin dagli sviluppi della guerra russo-turca del 1878 compartiva in buona misura le posizioni filo-russe di riassetto dei Balcani, e allo stesso tempo carezzava l'idea di una confederazione delle nazioni balcaniche.
  18. Skierniewice, in Polonia, fu la sede nel 1884 di un convegno dei "tre cesari": gli imperatori di Russia, Austria e Germania, organizzato allo scopo di risolvere le questioni balcaniche attraverso una regolazione delle reciproche sfere d'influenza nella regione. L'incontro si risolse però in un nulla di fatto, per l'incompatibilità delle mire di Russia e Austria.
  19. S.Bošković, Belgrade, 22 Decembre 1884, BNF, cart.DG, 150,1, ff.106-107 [illegg.]. De Gubernatis era già a conoscenza dei malumori dell'opinione pubblica russa all'indomani dell'insuccesso diplomatico riportato dalla Russia al congresso di Berlino. Bošković non faceva che confermare l'attualità delle aspirazioni panslaviste, che erano al massimo livello di vigore in tutto il mondo slavo. Che anche De Gubernatis fosse attratto dal messaggio panslavista lo dimostrano alcune sue "rassegne", già analizzate nel capitolo terzo, scritte per la «Nuova Antologia», ma anche la pubblicazione sulla «Revue internationale» in questo stesso periodo dell'articolo partigiano di Vladimir Lamanskij ( Le panslavisme , «Rev.int.», I,6, mar.1884, pp.851-866).
  20. «Votre proposition bienveilliante de faire de la Revue Internationale l'organe honorifique de l'Académie de Belgrade, qui éxiste déjà 40 ans sous le titre: "La Societé scientifique serbe", sera porté prochainement à la connaissance du bureau administratif. Je ferai à ce sujet ce qu'il me soit possible. Mais je dois Vous prevenir d'avance à régret, que notre Societé ne dispose que des moyens très restrints» (S.Bošković, Belgrade 21 janvier 1885, BNF, cart.cit.).
  21. L'economista belga Émile de Borchgrave (1837-1917) diede alla luce in quegli anni anche ad un libro intitolato La Serbie administrative, économique et commerciale (Bruxelles, 1883).
  22. S.Bošković, Belgrade, le 27 Mars 1885, BNF, cart.cit. Con tutta evidenza, Bošković alletta De Gubernatis esponendogli le prospettive favorevoli che arridono a chi prende posizione filoserba nell'ambito scientifico. E De Gubernatis non mancherà di reagire positivamente alle lusinghe celate in questo messaggio...
  23. S.Bochkovitch, L'empereur Étienne Douchan de Serbie et la Peninsule Balkanique au XIV me siècle , «Rev.int.», IX,5, feb.1886, pp.635-648; IX,6, mar.1886, pp.785-801; X,1, mar.1886, pp.44-57; X,2, apr.1886, pp.194-216; X,3, apr.1886, pp.346-364.
  24. Qualche mese dopo la pubblicazione dell'articolo, Bošković pregava De Gubernatis di fargliene pervenire 100 copie in forma di estratto, "afin de les présenter à mes amis et aux hommes politiques influents ici et à l'étranger" (S.Bošković, Belgrade, le 19 Juin 1886, BNF, cart.cit.).
  25. Anton Budilovič (1846-1908) era un attivo panslavista.
  26. S.Bošković, lett. al direttore della «Rev.int.», Belgrade, le 24 Février 1886, BNF, cart.cit.
  27. S.Bošković, Belgrade, le 19 Juin 1886, BNF, cart.cit. Nella stessa lettera sono elencati altri membri stranieri dell'accademia serba: vi figuravano fra gli altri W.E.Gladstone, Edw.Freeman, Emile de Lavelaye, Alfred Rambaud, Louis Leger, D.Grote, Franc Miklošič, J.Jíreček, Vladimir Lamanskij.
  28. S.Bošković, Belgrade, le 17 juillet 1886, BNF, cart.cit.
  29. ibid.
  30. ibid. Non può certo stupire l'atteggiamento accesamente antiasburgico del panslavista e germanofobo Leger (cfr. A.Marès, W.Berelowitch, La découverte de la Russie en 1872: le premier voyage de Louis Leger à Moscou , «Revue des études slaves», t.LXIX, 1997, fasc.3, pp.337-372; G.Abensour, op.cit. , pp.25-32). È comunque singolare la comunità d'idee fra lo slavista francese e De Gubernatis nell'auspicare un assetto confederale e indipendente della regione balcanica, un progetto che la creazione della Jugoslavia concretizzerà in parte nel senso serbo-centrico che desiderava Bošković.
  31. Lazar Dokić (1845-1893), politico radicale e tutore del principe Aleksandar, divenne dopo l'abdicazione del re Milan e l'incoronazione del figlio minorenne uno dei reggenti provvisori, fino a quando nel 1893 prese parte attiva al colpo di stato che diede ad Aleksandar pieni poteri e rimise in auge il padre, fino ad allora esiliato.
  32. Jovan Ristić (1831-1899), politico liberale, fu più volte capo del governo della Serbia. Oppositore della politica dispotica e fallimentare del re Milan, creò nel giugno del 1887 un governo di coalizione liberal-radicale nel quale assunse anche la carica di ministro degli esteri. La coalizione con il partito radicale durò però solo fino al mese di ottobre, quando questi, in appoggio al re, fecero cadere il governo.
  33. S.Bošković, Belgrade, le 8 Octobre 1887, BNF, cart.cit.
  34. Sappiamo da una lettera di Bosiljska Lehianina, "Grande Maîtresse de S.M. la Reine de Serbie", che «Sa Majesté vous recevra Lundi le 21 Novembre 1887 à 5 heures de l'après midi» (B.Lehianina, Florence le 19 Nov 1887, BNF, cart.DG, 75,14).
  35. La caduta del governo Ristić nell'ottobre 1887. * J'aurais prochainement l'occasion, d'en parler à S. M. Le Roi [ Nota di S.Bošković ].
  36. Si tratta del museo indiano che De Gubernatis fondò a Firenze nel 1885, di ritorno dall'India.
  37. S.Bošković, Belgrade, le 6 Fevrier 1888, BNF, cart.cit.
  38. Sava Grujić (1840-1913), lieder del partito radicale, fu a capo del governo dall'ottobre 1887 fino al marzo del 1888, quando il re fece cadere il governo per creare una " činovnička vlada " sotto la guida di un proprio fedelissimo, l'anziano Nikola Hristić (1818-1911), che durò fino al terremoto politico del febbraio 1889, quando Milan abdicò e lasciò il paese. Allora si formò un nuovo governo Grujić, che guidò il paese nel periodo 1889-1891.
  39. Čedomilj Mijatović (1842-1932), ministro degli esteri dall'1888 al 1889, era considerato uomo di Milan.
  40. S.Bošković, Belgrade, le 27 Juin 1888, BNF, cart.cit. * Dans le cas de Votre nomination j'ai proposé au ministre de faire déhommager Mr. Macanti par une décoration. [ Nota di S.Bošković ].
  41. S.Bošković, Belgrade, le 27 Juin 1888, BNF, cart.cit. La lettera si conclude con un accenno di argomento diverso: Bošković intendeva continuare la sua collaborazione alla «Revue internationale» anche dopo l'abbandono della redazione da parte di De Gubernatis. Anzi, lo stesso De Gubernatis lo aveva incoraggiato a mandare al Fantoni qualche traduzione letteraria, e Bošković così aveva fatto, proponendo al nuovo redattore «un conte des Scènes de la vie des paysans serbes par M. Auguste Giron, qui s'est fait déjà connaître au public de la Revue l'année passée par la nouvelle Les Sortilèges ». Tuttavia, Fantoni non dava risposta: la «Revue» aveva cessato di essere una tribuna per la divulgazione della cultura serba.
  42. S.Bošković, Belgrade, le 5 Fevrier 1889, BNF, cart.cit.
  43. Del resto la «Revue internationale» non era più legata a De Gubernatis.
  44. S.Bošković, Belgrade, le 31 Mars 1889, BNF, cart.cit. Tra le fonti di prima mano a cui Bošković poteva attingere per avere notizie sulla situazione del corpo diplomatico serbo a Roma c'era il figlio Mateja, che proprio in quel periodo era in missione in Italia ed era stato ospite dei De Gubernatis a Firenze prima di raggiungere Napoli e Roma. Mateja Bošković aveva anche portato a De Gubernatis un pacco di lettere da Belgrado, da parte del padre, di Vladan Đorđević e di Stevan Popović. Aveva portato inoltre in dono un libro, L'Epopée serbe di Auguste Dôzon (Vedi S.Bošković, lettere a DG, Belgrade, le 5 Fevrier 1889 e Belgrade, le 12 Fevr. 1889, BNF, cart.cit.).
  45. «Mr. Mathias Ban Vous a dû déja faire parvenir bon nombre de ces biographies, que Vous avez demandées par la lettre adressée au ministre prècedent de l'instruction publique» (S.Bošković, Belgrade, le 6 Février 1888, BNF, cart.cit.).
  46. Vedi sull'argomento M.R.Leto, La fortuna in Italia della poesia popolare serbo-croata dal Tommaseo al Kasandrić, in «Europa orientalis», XIV, 1995, 1, pp.217-287; A.Cronia, La conoscenza, cit.
  47. M.Car, Zara, 29 Novembre '87, BNF, cart.DG, 134,59.
  48. M.Zar, Vuk Stefanovic Karadzic e la poesia popolare serba , «Riv.cont.», feb.1888, pp.232-255.
  49. L'amico in questione è Matija Ban: in una lettera successiva Car fa riferimento esplicito a Ban, pregando De Gubernatis di inviare all'amico belgradese una copia del fascicolo della «Rivista» su cui sarebbe apparso il suo articolo (M.Car, Zara, 18 febbraio '88, BNF, cart.cit.).
  50. BNF, cart.cit.
  51. M.Car, Zara, 18 febbraio '88, BNF, cart.cit.
  52. M.Car, Zara, 10:V.'88, BNF, cart.cit.
  53. Il trattato della "Triplice alleanza" stipulato tra la Germania, l'Austria-Ungheria e l'Italia nel 1882 in funzione antifrancese, fu rinnovato dai tre stati nel 1887, con importanti rettifiche: il governo Crispi otteneva il via libera degli imperi centrali all'espansione coloniale dell'Italia e compensi territoriali nel caso di avanzata dell'Austria nei Balcani. Un patto del genere, avallando la penetrazione asburgica nella penisola balcanica, non poteva non attirare all'Italia le ire degli slavi meridionali (e più in generale, di tutti gli slavi che avevano idealizzato il Risorgimento come lotta coronata dal successo per l'identità nazionale), ma anche dei dalmati italiani, che si sentivano traditi e abbandonati ad una eterna sudditanza all'Austria. Lo stesso De Gubernatis era molto sensibile al tema: più volte affermò la speranza che nei Balcani si formassero stati indipendenti su base nazionale, mostrando in maniera più o meno esplicita la sua avversione per l'impero asburgico e per le sue mire, e attaccandolo apertamente sulla questione dell'irredentismo italiano. In un contesto di allenza italo-germanica, simili posizioni suscitavano l'imbarazzo e l'ostilità dei vertici politici italiani, ed è questo, verosimilmente, uno dei motivi della repentina estinzione della «Rivista contenporanea».
  54. Eduard von Taaffe (1833-1895) fu presidente del consiglio dell'Austria dal 1879 al 1893.
  55. Wilhelm Traugott Krug (1770-1842), filosofo kantiano tedesco.
  56. M.Car, Zara, 9 luglio 1888, BNF, cart.cit.
  57. L'atteggiamento di Car verso De Gubernatis dovette rimanere buono, visto che nel 1894 "tanto e tanto disse bene" di lui all'amico Giovanni Nikolić, traduttore di canti epici serbi in italiano (Vedi al cap.V,2 le lettere di Nikolić a De Gubernatis).
  58. Vedi M.Vuletić Vukasović, presso Ragusa al 27 Settembre 1888, BNF, cart.DG, 142,5 [Diz.biogr.]. L'auspicio di Vukasović non sortì risultato per quanto riguarda De Gubernatis, ma riviste e giornali italiani dell'epoca pubblicarono qualche cosa di questo scrittore (Cfr. A.Cronia, La conoscenza..., cit. ).
  59. M.Vuletich, Sign, s.d. [agosto-settembre 1888]. BNF, cart.DG, 132,68.
  60. M.Vuletich, Sign, 13.9.88, BNF, cart.cit.
  61. M.Vuletich, Sign, 1° Dicembre 1888, BNF, cart.cit.
  62. A.Galfayan, Paris 14 mai 1903, BNF, cart.DG, 149 bis,1-f.2 [illegg.].
  63. "J'ai proposé au Ministre de l'Information publique de Vous décorer de l'Etoile de l'Ordre de St.Sava" (S.Bošković, Bucarest, le 29 Décembre 1892, BNF, cart.cit.).
  64. Era questa una proposta dello stesso De Gubernatis.
  65. M.Vesnić, Paris, le 6 Avril 1896, BNF, cart.DG, 130,48.
  66. M.Vesnić, Belgrade, le 28 Mai/9 Juin 1896, BNF, cart.cit.
  67. L'allora erede al trono Aleksandar era stato a Firenze nel 1887, con la madre Natalija (si veda la lettera citata in precedenza di Stojan Bošković, Belgrade, 8 Octobre 1887)
  68. De Gubernatis portò con sé la figlia Cordelia.
  69. M.Vesnić, Belgrade, le 25 Janv. (5 Fevr.) 1897, BNF, cart.cit.
  70. M.Vesnić, Belgrade, le 6 Avril (25 III) 1897, BNF, cart.cit.
  71. ibid. Il governo serbo si impegnava ad acquistare 500 copie dell'opera, una volta che fosse stata pubblicata.
  72. Saint-Réné Taillandier, La Serbie, Kara-George et Milosch , Paris, 1872; J.Reinach, La Serbie et le Monténégro , Paris, 1876; H.Thiers, La Serbie, son passé et son avenir , Paris, 1862. * Dans ce sens, Malet, dans une des dernières livraisons de la Revue Bleue. Sur la Bosnie et l'Hérzégovine.
  73. M.Vesnić, Belgrade le 7/19 juin 1897, BNF, cart.cit.
  74. BNF, cart.DG, 149,1 [ill.], ff.340/344;349.
  75. ibid ., ff.345/347.
  76. Su Sava Grujić, vedi sopra.
  77. M.Vesnić, Belgrade le 27 VIIbre/9 VIIIbre 97, BNF, cart.cit.
  78. M.Vesnić, Belgrade le 16/28 nov. 97, BNF, cart.cit.
  79. Dopo una serie di scandali familiari, Milan decise nel 1887 il divorzio da Natalija Kesko, figlia di un colonnello dell'esercito russo. Oltre ai problemi intimi, il conflitto fra re e regina implicava la contrapposizione tra due correnti di potere. Anche negli anni di regno di Aleksandar, Milan e Natalija eserciteranno alternativamente la loro influenza sul giovane re.
  80. M.Vesnić, Belgrade le 16/28 nov.97, BNF, cart.cit.
  81. Si complimentarono, fra gli altri, Stojan Bošković, Milenko Vesnić, Stojan Novaković, l'ambasciatore a Roma Stevan Pavlović e Stevan Popović (vedi i rispettivi carteggi). Popović riassunse in serbo-croato i contenuti del libro in una serie di tre articoli che furono pubblicati dal «Srpski glas» di Zara.
  82. DG, La Serbie..., cit. , p.3.
  83. ibid., pp.5-6.
  84. ibid. , p.57.
  85. Vedi ibid. , pp.167-170.
  86. ibid. , p.232.
  87. M.Vesnić, Belgrade le 26 mars/7 avril 1898, BNF, cart.cit.
  88. Come denunciava De Gubernatis in Fibra , ricordando che a Belgrado «rimasi ospite del signor Wesnitch, il dotto e geniale professore di diritto internazionale all'Università di Belgrado che ora sconta nelle prigioni di Stato il suo grande amore per la libertà» ( Fibra , p.520).
  89. M. Vesnić, BNF, cart.DG, 171,1 [Vita], f.770
  90. M.Vesnić, Belgrade, le 22 oct./4 nov. 1900, BNF, cart.DG, 130,48
  91. Vedi M.Vesnić, Venise le 3 aoűt 1901, BNF, cart.cit.
  92. M.Vesnić, Belgrade le 7/20 juin 1903, BNF, cart.cit. La frequentazione dell'Italia da parte di Vesnić fu molto intensa in questi primi anni del Novecento. Egli fu ospite almeno in un'occasione della casa romana di De Gubernatis. In una lettera del 1904, scritta in un buon italiano, leggiamo: «Egreggio Sig. Conte, So i miei grandi peccati. La prego di voler bene perdonarmeli. Ma sono tanto, tanto occupato. Penso spesso alla squisita bontà che hanno avuto per me Lei e tutti i Suoi cari e buoni. La sua casa ospitaliera è uno di miei migliori e più dolci ricordi di Roma» (M.Vesnić, Parigi il 7 nov. 1904, BNF, cart.cit.).
На Растку објављено: 2008-07-01
Датум последње измене: 2008-07-01 18:16:51
 

Пројекат Растко / Пројекат Растко Италија