Stefano Aloe

Angelo De Gubernatis e il mondo slavo (Cap. 4.1. Polonia)

Angelo De Gubernatis e il mondo slavo . Gli esordi della slavistica italiana nei libri, nelle riviste e nell'epistolario di un pioniere (1865-1913) . Studi slavi e baltici. Dipartimento di linguistica. Università degli Studi di Pisa, N. 1 - 2000 Nuova Serie, Collana di studi e strumenti didattici diretta da Giuseppe Dell'Agata, Pietro U. Dini, Stefano Garzonio, Pisa: Tipografia Editrice Pisana, 2000.

PARTE SECONDA

IL MONDO SLAVO

CAPITOLO IV

POLONIA E BOEMIA

IV,1 Polonia

I primi contatti di De Gubernatis con il mondo slavo avvennero attraverso emigrati polacchi. E questo è un fatto piuttosto naturale, considerata l'alta "densità" di polacchi, nobili, letterati, studenti, residenti in Italia in quegli anni; la popolarità del loro paese era assai alta fra gli italiani, che da poco avevano conquistato l'unità e manifestavano una forte ed attiva solidarietà con questi "fratelli" che ancora non erano "risorti" dal giogo delle potenze europee (Russia, Prussia ed Impero austroungarico). I legami fra risorgimento italiano e risorgimento polacco sono del resto ben noti. L'atteggiamento di De Gubernatis rispecchia, soprattutto inizialmente, l'opinione comune, ovvero un'incondizionata simpatia e solidarietà con i polacchi, l'augurio che potessero arrivare alla ricostituzione di un proprio stato indipendente che ponesse fine alla spartizione del territorio polacco fra regimi stranieri ed ostili. Come si è visto nei capitoli precedenti, la familiarità con la Russia portò in seguito De Gubernatis ad un atteggiamento più critico e complesso, in base al quale la simpatia per i polacchi non veniva meno, ma era condizionata da una visione generale più approfondita e dall'aspirazione a valutare obiettivamente le relazioni fra i polacchi, i russi ed il rimanente mondo slavo. Questa aspirazione a momenti fu tradita e lo studioso italiano si lasciò occasionalmente influenzare da opinioni e posizioni filorusse. Tuttavia, rifiutò sempre con decisione gli atteggiamenti sciovinistici, e possiamo dire che almeno sotto tale aspetto De Gubernatis si dimostrò coerente: rifiutò il nazionalismo polacco allo stesso modo in cui rifiutava, ad esempio, quello russo, che trovava incarnazione ai suoi occhi nella figura di Katkov; per De Gubernatis (e come dargli torto!), i nazionalismi sono fonte di divisione fra i popoli, generano e giustificano guerre e inimicizie insanabili, indeboliscono tanto le nazioni dominanti — che soffocando le aspirazioni nazionali dei popoli sottomessi minano le stesse basi della propria esistenza[1] — quanto le nazioni dominate che, accentuando ideologicamente i motivi di contrapposizione e di distinzione dalle altre, finiscono per isolarsi nel loro orgoglio con la conseguenza di indebolirsi ancor di più. Perciò, De Gubernatis generalmente vedeva di buon occhio soluzioni di tipo federativo, che all'interno di stati sovranazionali come l'Impero russo o quello austroungarico, garantissero a ciascun popolo il diritto ad una consistente autonomia e libertà di espressione. Come abbiamo già visto, a volte arrivava a favoleggiare la costituzione di leghe doganali, o addirittura accarezzava l'idea panslavista, mescolandola magari a sogni panlatini o panmediterranei. In questa prospettiva, l'atteggiamento diffusamente avverso al panslavismo dei polacchi, che in maniera fondata identificavano questa teoria con i sogni egemonici dei nazionalisti russi, infastidiva De Gubernatis, che lo interpretava come un altezzoso e infecondo isolazionalismo, cosa che in molti casi rispondeva a verità. Così, per esempio, di fronte a libri di nazionalisti polacchi come il conte Ksawer Branicki (autore di un libro antirusso intitolato Les nationalités Slaves, recensito severamente da De Gubernatis sulla «Nuova Antologia»[2]) e soprattutto il fanatico Franciszek Duchiński, l'assertore della turanicità dei russi. Significativa la reazione di De Gubernatis a questi eccessi: affermando l'unità linguistica ed etnica di tutti gli slavi in una "Rassegna" che citeremo ancora piů volte, egli, seguendo l'opinione del Courrière, giungeva a scrivere con una certa esagerazione:

    La meno slava di tutte le nazioni e letterature slave è forse la polacca, perché rimasta lungamente in contatto con l'Occidente e per la parte che vi ebbe l'educazione gesuitica e l'educazione classica. "La Polonia, scrive il signor Courrière, compiutamente dominata dall'influsso latino, ha la piů splendida letteratura classica e romantica. Ma come il nobile polacco, di cui rappresenta la vita e le tendenze, essa non ha nulla (a me pare veramente che l'affermazione sia qui troppo assoluta [scrive De Gubernatis]) di slavo. Certamente, il Miçkiewicz, lo Slovaçki, il Krasinski, ecc. posson sostenere il confronto coi maggiori poeti europei, ma il popolo polacco non li conosce, nè essi hanno scritto per esso (questo si potrebbe pure ripetere, per la Russia, del Puskin, del Lermontoff e degli altri migliori poeti [annota di nuovo De Gubernatis]). Il popolo polacco ha la sua propria letteratura, i suoi canti, i suoi krakowiaki; Bogdan Zaleski è nazionale e slavo, ma egli è un poeta dell'Ukrainia. La Polonia forně uno scarso numero di slavisti (e di slavofili: il polacco sembra voler essere isolato nel mondo slavo, e accetta gli altri Slavi solamente a condizione che si sottomettano come popoli inferiori [De Gubernatis]) [...]". Questo disprezzo de' Polacchi per gli altri Slavi è forse una delle molte cagioni della loro presente debolezza, e non l'ultima. Per questo difetto di modestia, per questa loro sostenutezza aristocratica, manca quella loro espansione che è una delle qualità piů simpatiche del popolo russo.[3]

Il confronto fra polacchi e russi tende quasi sempre a risolversi in favore di questi ultimi. Tuttavia, non bisogna pensare che De Gubernatis mancasse di simpatia verso i polacchi, che in tanti altri casi difese con maggiore obiettività e anche con una certa veemenza.

In base a quanto si racconta in Fibra, possiamo stabilire che il primo contatto di De Gubernatis con dei polacchi avvenne a Torino alla fine degli anni '50, quando era ancora studente, ma non fu determinante per il suo futuro interesse nei confronti del mondo slavo: "il principe Lubomirski, emigrato polacco, — scrive laconicamente De Gubernatis — mi aveva affidato un suo ragazzino svogliato perché lo avviassi allo studio del latino"...[4]

Decisamente più interessante fu la corrispondenza che, non ancora ventenne, De Gubernatis inaugurò nel 1859 con Władysław Mickiewicz, figlio di Adam, direttore della ginevrina «Espérance», la combattiva rivista degli emigrati polacchi. De Gubernatis avviò il contatto in qualità di direttore del giornale «La letteratura civile», il primo dei periodici da lui fondati.[5] Se la «Letteratura civile» ebbe una vita effimera, non altrettanto si può dire dei rapporti epistolari con Mickiewicz, che durarono fino al 1884, senza però mai oltrepassare il livello di cortesi, e in certi casi proficue, relazioni fra colleghi. Sul carteggio con Mickiewicz tornerò piů avanti.

Come si è già visto, il soggiorno berlinese, in concomitanza con i moti polacchi del 1863, permise a De Gubernatis di fare la conoscenza di molti studenti esuli dall'impero russo, ma va rilevato che egli frequentò soprattutto i nichilisti russi, e che siano stati i russi a contare piů di tutto nella sua biografia, è lui stesso che ce lo dice piů di una volta. Ad ogni modo, l'interesse di De Gubernatis per la Russia comportò una certa attenzione anche per la Polonia, e una volta stabilitosi a Firenze, questa attenzione fu favorita dalla collaborazione e dall'amicizia con alcuni emigrati polacchi, primo fra tutti Teofil Lenartowicz (vedi cap.I).

La Polonia nelle riviste e nelle attività di De Gubernatis

Lenartowicz viveva a Firenze ed era ospite fisso del salotto dei De Gubernatis; con ciò si presuppone che pressappoco tutti gli intellettuali polacchi di passaggio dalla città gigliata facessero una visita al villino Vidyâ. E difatti, dalla «Rivista europea» si apprende della presenza a Firenze del poeta Adam Asnyk, di Feliks Zieliński, redattore della «Biblioteka Warszawska» e del pianista Władysław Tarnowski,[6] ma ce ne furono sicuramente molti altri. Nel 1870 viene segnalato un certo conte Władysław Chotomski, del quale però De Gubernatis non dice un gran bene.[7] Come si è visto nei capitoli precedenti, il nome di Lenartowicz compare un po' in tutte le riviste di De Gubernatis, anche se mai in veste di collaboratore fisso. Perciò, troviamo un suo breve articolo nella «Civiltà italiana», La civiltà latina in Polonia (vol.II,1, 2 apr.1865, pp.14-16), una lettera polemica, già analizzata nel primo capitolo, sulla «Rivista contemporanea»,[8] un omaggio all'amico Tarnowski sulla «Rivista europea» (Ladislao Tarnowski in Oriente, luglio 1875, pp.223-228). Inoltre, il nome di Lenartowicz è citato piů di una volta fra le pagine di queste riviste, e De Gubernatis non manca di riservare all'amico qualche riga vergata di proprio pugno.[9] Infine, sempre sulla «Rivista contemporanea» nel 1869 vengono pubblicate in traduzione tre poesie di Lenartowicz.[10] Mancano invece contributi del poeta polacco, o pagine a lui dedicate, nella «Revue internationale» e nelle pubblicazioni successive. In ogni caso, i contributi occasionali di Lenartowicz non contribuirono che in minima misura alla divulgazione della cultura polacca promossa sulle riviste dirette da De Gubernatis. Di fatto, l'unico intervento di un certo interesse rimane la polemica con la redazione della «Rivista contemporanea» per la pubblicazione del saggio di Danilevskij. Una vera e costante opera di divulgazione polonistica viene intrapresa invece da un altro immigrato, Artur Wołyński (1844-1893), personaggio estremamente attivo, anche se, come vedremo, abbastanza emarginato nell'ambito dell'emigrazione polacca in Italia. Wołyński viveva a Roma, dove fondò il Museo Copernicano e fece opera attiva di propaganda filopolacca. Wołyński era uno storico e un erudito che si dedicava principalmente a ricostruire gli scambi scientifici e culturali fra Polonia e Italia; in particolare, era interessato alle figure di Copernico e di Galilei, sulle quali pubblicò diversi studi, compreso un lungo lavoro che apparve sulla «Rivista europea» fra il 1872 e il 1873.[11] Ma era anche un acceso patriota di idee radicali, aveva partecipato all'organizzazione dei moti del 1863 ed era sfuggito alla pena di morte rifugiandosi all'estero. Approdato in Italia, aveva vissuto a Roma fino al 1869, quando a causa di una "Storia della spedizione di Garibaldi nel 1867" pubblicata su una rivista di Poznań era stato espulso dallo Stato della Chiesa, trovando nuova dimora a Firenze, dove infine aveva conosciuto Angelo De Gubernatis.

L'avvio dell'attività di Wołyński per la «Rivista europea» risale al dicembre 1870; il suo ingresso nella cerchia dei collaboratori di De Gubernatis risultò determinante non solo per l'attività polonistica della rivista, ma piů in generale per la sua stessa impronta "slavistica": Wołyński inaugurò quella serie di rubriche sul mondo slavo che il successivo inserimento di Louis Leger moltiplicò a tal punto da prospettare l'ipotesi della costituzione di un foglio slavistico a parte. La presenza costante della Russia e della Polonia sulle pagine del periodico rimane la sua caratteristica piů rimarchevole e lo distinse da tutte le pubblicazioni italiane dell'epoca. Del resto, le stesse riviste dirette in precedenza da De Gubernatis avevano sě fornito episodi inediti di attenzione verso il mondo slavo (per lo piů limitati alla Russia), ma non certo una volontà sistematica di divulgare le culture dell'est europeo. La «Rivista contemporanea», per esempio, nel 1869, l'anno in cui fu diretta da De Gubernatis, riporta diversi articoli di argomento russo a fronte di poche pagine di polonistica (quelle dedicate a Lenartowicz) e di riferimenti slavi del tutto sporadici e casuali nella sezione delle rubriche; questo quando nelle annate precedenti della rivista c'erano stati soltanto scritti (per lo piů traduzioni) di argomento polacco.[12] La stessa «Rivista europea», nella sua prima annata, presenta tre soli saggi di interesse slavistico, tutti e tre riguardanti la Russia e firmati Tatiana Svetoff. Ciò che fa già la differenza rispetto alle riviste precedenti è la sezione delle rubriche, che abbonda di corrispondenze e notizie di vario genere, tutte o quasi riguardanti la sola Russia. È appunto l'avvio della rubrica di Wołyński ad ampliare l'orizzonte slavistico della rivista: nel dicembre 1869 compare la sua prima "Cronaca letteraria polacca",[13] cui fanno seguito altre cronache con una cadenza quasi mensile. Con la sempre maggiore estensione dell'ambito slavo all'interno della rivista, la "Cronaca" polacca di Wołyński si vede affiancata da cronache e corrispondenze di altri autori aventi per oggetto altre regioni slave, in particolare la Russia. Questo sottoinsieme della sezione delle rubriche si fa quindi sempre piů articolato, e per questo motivo mutano di frequente i nomi e le suddivisioni della rubrica-raccoglitore: dai piů generali "Mondo letterario" e "Notizie letterarie straniere", comprendenti indistintamente contributi di qualunque provenienza, ai piů specifici "Notizie letterarie slave" e "Mondo slavo", che si affiancano ad altri raccoglitori dedicati ad ambiti piů o meno delimitati e regolari. In tutto questo processo, la figura di Wołyński risulta essere, un po' paradossalmente, la piů discreta e defilata: nei suoi scritti o nelle lettere non c'è nessun particolare accenno a quel coordinamento dei contributi slavi che De Gubernatis di fatto perseguiva e nei limiti del possibile realizzava all'interno della rivista. Wołyński si limita a far pervenire con estrema puntualità le proprie notizie sulla Polonia, e in almeno un paio di occasioni anche su Russia e Romania (ma potrebbe appartenergli anche piů di una "notizia" anonima polacca o russa).

Come ho già accennato, la posizione di Wołyński rispetto agli ambienti dell'emigrazione polacca in Italia era di parziale emarginazione. Wołyński era in rapporto di stretta amicizia con Teofil Lenartowicz, ma quando nel 1879 il professore dell'università di Bologna Domenico Santagata fondò la famosa Accademia Adamo Mickiewicz e l'immigrazione polacca si radunò attorno a questa istituzione, Wołyński puntò a ricoprirvi un ruolo di primissimo piano, rivelando un'ambizione eccessiva che gli procurò una certa ostilità fra i connazionali e anche da parte di Santagata. Il motivo di tali dissapori era legato all'iniziativa piů importante che l'Accademia si era prefissa, quella di creare a Bologna la prima cattedra universitaria "polono-slava" in Italia: l'iniziativa era partita da Santagata, che intendeva destinare tale cattedra a Teofil Lenartowicz, il quale aveva dato all'Accademia il maggiore contributo con le sue famose lezioni sulle letterature slave. Ma Lenartowicz, affetto da acciacchi fisici e morali, aveva assunto un atteggiamento rinunciatario nel momento in cui l'amico Wołyński aveva cominciato a fare pressione perché la cattedra venisse assegnata a lui: dispiaciuto da tanta insistenza, Lenartowicz si era tirato indietro, proponendo a Santagata che l'insistente Wołyński venisse accontentato. Ma Santagata, cosě come la maggioranza dei polacchi iscritti all'Accademia, considerava Wołyński inadeguato ad una cattedra cosě importante e ideologicamente marcata.[14] A giudizio di Santagata, le lezioni di Wołyński sarebbero parse "troppo pallide e fredde" dopo che gli studenti avevano assistito a quelle memorabili di Lenartowicz.[15] Inoltre, infastidiva il tono "arrogante e diffidente"[16] con cui Wołyński affrontava la questione. La questione è stata ricostruita nei dettagli da Marina Berano Begey; dall'epistolario di De Gubernatis si può aggiungere ancora qualche informazione interessante. È assai verosimile che anche De Gubernatis fosse in contatto col Santagata (fatto che però non trova riscontri nel suo archivio), ed è comunque certo che conoscesse bene l'attività dell'Accademia Mickiewicz, della quale erano protagonisti personaggi con i quali era in stretto rapporto. Infatti, proprio Wołyński si fece carico di riferirgli la richiesta del professor Santagata di procurare libri e pubblicazioni slave, in francese e in italiano, per la costituenda biblioteca dell'Accademia bolognese.[17] È abbastanza probabile che De Gubernatis, ben fornito di pubblicazioni slave, nell'occasione abbia dato un suo contributo. Non ci sono però notizie di un suo diretto interessamento all'iniziativa di Santagata. Sono in particolare alcune lettere del conte Władysław Kulczycki, membro dell'Accademia Mickiewicz, all'indirizzo di De Gubernatis a fornirci dettagli utili sulle ambigue relazioni fra Wołyński e i suoi connazionali coinvolti nelle attività dell'Accademia. Kulczycki scrisse a De Gubernatis quando seppe che costui si apprestava a pubblicare l'edizione francese del Dizionario, offrendosi di collaborare all'opera per quanto riguardasse le voci polacche. Nella prima edizione del Dizionario la voce che lo riguardava era stata redatta da Wołyński, che però, a sua detta, aveva falsato a bella posta un episodio della sua biografia:

    Il sig. Arturo Wołyński, il quale le communicò la noterella biografica che mi riguardava, vi accumulò una quantità d’inesattezze e di dettagli insussistenti: egli, per esempio […], raccontò inesattamente l’incidente sul mio esilio da Roma sotto il governo pontificio. Mi dispiacerebbe immensamente che queste improvvisazioni del beneamato Arturo dovessero riprodursi e passar alla posterità. […]. Il suo Dizionario contiene un dettaglio, apparentemente di nessuna entità, ma in fondo gravissimo per me: esso dice, per quanto mi ricordo, che fui il corrispondente (sic) sul Giornale di Posen.[18] Ed è appunto la falsa ed odiosa accusa che mi fece esiliare da Roma! Il defunto cardinale Czacki,[19] mio acerrimo nemico, fece perfino falsificare un mio autografo, per convincere Pio IX che scrivevo al Giornale di Posen sulla spedizione di Garibaldi. Subii un’atroce persecuzione […]. E però queste relazioni sulle spedizioni di Garibaldi, attribuitemi perfidamente dallo Czacki, erano scritte dallo stesso abbate Arturo Wołyński, a cui io stesso proposi la collaborazione al Giornale di Posen, non volendo accettarle per me. Lo stesso Wołyński le ha suggerito gravissime accuse contro l’illustre nostro romanziere Sigismondo Kaczkowski,[20] che è indispensabile di non ripetere nella seconda edizione.[21]

Ricevuta da De Gubernatis una risposta particolarmente cortese e ben disposta, Kulczycki cominciò subito a contattare i propri conoscenti che reputava in grado di fornire un aiuto per il Dictionnaire: il romanziere Zygmunt Kaczkowski, residente a Parigi, il poeta Kornel Ujejski in Galizia e a Varsavia Adam Plug, redattore della rivista «Kłosy» e di lě a poco del «Kurier Warszawski». In particolare, Kulczycki sperava di ottenere da Plug una scheda su

    Enrico Sienkiewicz, autore del famoso romanzo Col ferro e col fuoco, e senza dubbio il piů grande talento di romanziere della Polonia attuale. Egli sotto molti riguardi supera il povero Kraszewski, testé defunto, il piů fecondo scrittore del secolo e di vari secoli, poiché lasciò piů di 600 volumi, senza contare infiniti articoli di riviste e giornali. Domandi a Lenartowicz se egli scrisse a Plug o ad altri. Si compiaccia salutarmi teneramente l’ottimo Teofilo.[22]

Le opinioni politiche di marca conservatrice e l'aristocraticismo di Kulczycki emergono da questa stessa lettera, nel momento in cui il discorso va sulla figura di Wołyński e sul Dizionario, nel quale questa volta:

    almeno non vi saranno le inesattezze che prodigò il Wołyński compromettendomi nel piů strano modo e giustificando per cosě dire l’iniqua proscrizione del governo pontificio col dichiarare vera la falsa corrispondenza al Giornale di Posen, per cui fui esiliato. Il buon Wołyński pur troppo se la fa coi radicali, egli detesta i conservatori e la nobiltà, e dice male di tutti, anche de’ suoi amici. Ciò resti fra noi.[23]

Per tornare, in sintesi, alla produzione polonistica della «Rivista europea», vediamo che essa si concentra in massima parte nelle rubriche curate da Artur Wołyński: a differenza del settore russo, mancano quasi del tutto contributi in forma di saggio-articolo e traduzioni letterarie.[24] In compenso, non sono poche le recensioni a libri di argomento polacco (vedi in bibliografia). Completamente diverso l'indirizzo della «Revue internationale», che, assai impoverita nel settore rubrichistico,[25] è molto piů assidua nel pubblicare traduzioni letterarie. È vero che tanta abbondanza di traduzioni veniva spesso a discapito della selettività che aveva contraddistinto la «Rivista europea», come abbiamo già notato parlando delle versioni dal russo. Tuttavia, per quanto riguarda le traduzioni dal polacco, esse non soltanto per numero sono equivalenti a quelle dal russo, ma in generale risultano anche decisamente piů valide ed interessanti (naturalmente non mi riferisco alla qualità delle traduzioni, che esula dalle mie competenze giudicare, ma alla scelta delle opere e degli autori operata dalla rivista). Come è naturale, tutto dipende dai collaboratori di cui De Gubernatis dispone: mancando l'apporto di Wołyński, vengono meno le notizie bibliografiche e letterarie; per le traduzioni, invece, si impone per qualche tempo la consulenza autorevole — e per certi versi autoritaria — di Władysław Mickiewicz, oltre ad apporti occasionali di traduttori polacchi, alcuni dei quali indicati alla «Revue» forse dallo stesso Mickiewicz.

Se i rapporti con Mickiewicz erano ormai di lunga data, risalendo al 1859, una vera e propria collaborazione fra i due redattori ebbe luogo solo a partire dagli anni 1877-78, quando De Gubernatis pregò il collega di aiutarlo nell'elaborazione dei profili bio-bibliografici dei polacchi piů illustri per il suo Dizionario.[26] Mickiewicz aderě volentieri all'iniziativa, coinvolgendo anche altre persone, col risultato di rendere estremamente corposo il numero di polacchi inseriti nell'opera: ben 221 (fra gli slavi, solo i russi rappresentati sono piů numerosi).

I collaboratori polacchi, in qualche modo coordinati da Mickiewicz, erano: Wacław Szymanowski, direttore del «Kurier Warszawski», Artur Wołyński, di cui si è appena parlato, e il solito Teofil Lenartowicz. Il contributo di Władysław Kulczycki si limitò alla stesura della propria notizia e di quella dell'ammiratissimo Zygmunt Kaczkowski, mentre il suo conoscente di Varsavia, Adam Plug, rimandò all'infinito la promessa stesura di schede ("so che coi nostri Polacchi, abbastanza pigri, bisogna insistere", scriveva sconsolato Kulczycki[27]), ma inviò un volume "preziosissimo", "un grosso calendario biografico Ruch (il Movimento) or ora stampato a Varsavia e che contiene le biografie, anzi auto-biografie della maggior parte degli attuali dotti e scrittori polacchi".[28]

Per tornare a Mickiewicz, De Gubernatis si era rivolto inizialmente a lui per avere notizie dei tanti polacchi di Parigi.[29] Evidentemente, lo spirito organizzativo e patriottico di Mickiewicz non gli consentiva di limitarsi a ciò: egli consigliò De Gubernatis di rivolgersi anche a Szymanowski, a Varsavia, e di non limitarsi a distribuire il modulo per le notizie bio-bibliografiche a varie personalità della Galizia e della Polonia zarista. Quest'ultima operazione, in effetti, alla fine del 1878 si era rivelata improduttiva, perché dalla Polonia orientale non arrivavano riscontri:

    J'avais prévus — scriveva Mickiewicz il 28 dicembre 1878 — les difficultés que vous rencontrez. D'abord, dans la Pologne russe, la censure est si extraordinairement stupide qu'il n'est pas démontré pour moi que vos circulaires soient parvenus à leur adresse. Et tel est le régime qui pese sur cette portion de mon pays que les écrivains, au pareil cas, se abstiennent de préférence.[30] Comment voulez vous que dans la Pologne russe, oû le secret des lettres est publiquement violé, un auteur polonais vous envie son autobiographie, alors que les actes et les écrits qu’il a le plus à coeur sont ceux qui lui ont valu des persecutions russes et qu’il ne pourrait mentionner?

All'inizio del 1879, Mickiewicz riceve a Parigi i primi fascicoli dell'opera e ne rimane fortemente soddisfatto. Nel frattempo, ha ricevuto dall'amico Szymanowski la disponibilità a collaborare con nuove voci.[31] E in effetti, in quegli stessi giorni Szymanowski aveva scritto da Varsavia anche a De Gubernatis per comunicargli direttamente che accettava con piacere la collaborazione, e che non avrebbe fornito solamente voci sugli scrittori della Polonia russa, ma anche sui polacchi di Posnania e di Galizia.[32] Non è possibile ricostruire dalle poche lettere esistenti quante delle voci polacche siano state preparate da Szymanowski e da Mickiewicz; quest'ultimo, probabilmente, si limitò a spedire poche notizie di quando in quando. D'altra parte, una buona parte delle notizie appartengono a Lenartowicz e soprattutto a Wołyński. Da una lettera senza data di quest'ultimo, apprendiamo che egli ha compilato 80 biografie, che va a sommare alle 79 fatte direttamente da De Gubernatis, quindi per un totale di 159, che Wołyński riteneva costituire circa la metà degli scrittori polacchi di valore.[33] Per quel che riguarda le numerose notizie che Wołyński attribuisce a De Gubernatis, occorre intendere che questi le sintetizzasse e rielaborasse a mano a mano che le riceveva dai suoi svariati collaboratori o direttamente dagli scrittori interessati. Proprio per questa libertà di uso del materiale, Szymanowski fině per seccarsi e intorno alla metà del 1880, quando l'opera era già quasi terminata, fece sapere che non avrebbe proseguito la collaborazione.[34] Ad ogni modo, il Dizionario non mancò di riportare numerose voci di letterati polacchi anche negli ultimi fascicoli (oltre tutto, a livello statistico un'altissima percentuale di cognomi polacchi comincia per "S", "W" e "Z", fatto di cui sfogliando il Dizionario ci si rende facilmente conto).

Pur contrariato dal modo in cui De Gubernatis aveva gestito le sue notizie, Szymanowski rimase in qualche modo a disposizione. Quando nella seconda metà del 1883 era nata da poco tempo la «Revue internationale», De Gubernatis non mancò di ricontattare, oltre a Mickiewicz, anche il direttore del «Kurier Warszawski», proponendogli il ruolo di corrispondente da Varsavia della nuova rivista, che negli intenti avrebbe unito i letterati di tutta Europa in una fratellanza culturale in grado di servire da antidoto agli eccessi nazionalistici che dominavano il panorama dell'epoca. Szymanowski declinò gentilmente l'invito, giustificandosi con motivi di salute, tuttavia assicurò che "je tâcherai néanmoins de Vous trouver un remplaçant, digne de Votre confiance".[35] Nei fatti, il corrispondente non si trovò, e solo dal novembre del 1884 la «Revue internationale» pubblicò un paio di Lettres de Varsovie, firmate W. Oswiecim: molto poco rispetto ad altre aree del mondo slavo. Per contro, a livello di articoli e traduzioni dal polacco la «Revue» si dimostrò piuttosto dinamica. In virtů della proficua collaborazione al Dizionario, ancora prima di offrire a Szymanowski il compito di corrispondente dalla Polonia, De Gubernatis nella fase di gestazione della «Revue internationale» si era rivolto subito a Mickiewicz, nell'intento di garantirsi un importante consulente, un polonista di rilievo. Una partecipazione attiva di Mickiewicz alla rivista avrebbe convogliato su di essa l'interesse dell'intera comunità polacca. E le premesse furono per la verità assai promettenti: uno dei primi fascicoli della «Revue internationale», per l'esattezza il quarto, offriva ai lettori uno scritto inedito di Adam Mickiewicz, introdotto da una nota redatta per l'appunto dal figlio Władysław.[36]

Non si deve invece a Mickiewicz la pubblicazione di una novella di Henryk Sienkiewicz, apparsa sul sesto fascicolo della rivista.[37] Ma è da una lettera dello stesso Mickiewicz a De Gubernatis che veniamo a sapere che l'idea di pubblicare qualcosa di Sienkiewicz appartenesse a Lenartowicz; difficile dire se lo stesso Lenartowicz si fosse incaricato della traduzione, ma è probabile che questo compito fosse delegato ad altri (la traduzione è anonima). Mickiewicz, informato dell'iniziativa, o semplicemente suggerimento, di Lenartowicz, avvertì De Gubernatis che il meglio della produzione di Sienkiewicz era già stato tradotto in francese, fatto di cui evidentemente Lenartowicz non era a conoscenza.[38] Nella stessa lettera, Mickiewicz offriva una propria traduzione: Le fort Samson ("Silny Samson") di Eliza Orzeszko, spiegando che "Madame Orzeszko est une auteur de beaucoup d'originalité et de talent, dont la réputation va croissant...". De Gubernatis accolse la proposta di Mickiewicz, anche se il lungo racconto della Orzeszko cominciò a uscire a puntate sulla «Revue» solamente dopo diversi mesi, ad agosto, suscitando l'impazienza di Mickiewicz: era contrariato dal fatto che De Gubernatis temporeggiasse e non desse risposte precise riguardo a se e quando si sarebbe fatta la pubblicazione. Del resto, si è visto anche in altri casi (vedi il carteggio con Ol'ga Smirnova, cap.III,2) come la redazione della «Revue» fosse assai lenta nel pubblicare, sia per la mancanza di chiari principi di selezione del materiale, sia perché il materiale stesso si era andato rapidamente accumulando. Probabilmente, il bisogno di assicurare alla rivista sottoscrittori era spesso determinante per l'inserimento di scritti di valore relativo, che però potevano guadagnarle qualche socio o collaboratore. Tornando alla novella di Sienkiewicz, De Gubernatis non diede ascolto a Mickiewicz e la pubblicò già in marzo. Questo nonostante che il direttore della «Espérance» l'avesse avvertito in una seconda lettera che tale novella, Michelin, non era inedita in francese.[39] Dobbiamo presumere che anche da questo episodio Mickiewicz rimanesse contrariato. Le sue lettere di questo periodo all'indirizzo di De Gubernatis mostrano, oltre ad una effettiva volontà di collaborare alla «Revue internationale» come consulente per la sfera polacca, una certa asciuttezza di tono, dovuta verosimilmente alla consueta "invadenza" del collega italiano, che premeva per un più diretto coinvolgimento di Mickiewicz nell'attività della rivista. In particolare, nella stessa lettera del 13 febbraio 1884 Mickiewicz declina piuttosto seccamente l'invito di De Gubernatis a fare della «Revue» l'organo di rappresentanza dell'associazione che riuniva l'emigrazione polacca, presieduta da Mickiewicz: "Elle ne sera pas l'organe officiel de l'association. L'association a des éléments trop variès pour que l'idée d'un organe où chacun de ses membres aurait voix"...[40]

La traduzione del Fort Samson acquista un rilievo speciale in quanto dà l'avvio ad un mini-filone di opere narrative di tema slavo-ebraico, come si è già rilevato nel cap.III,2. Difficile dire quale sia stato il rapporto di volontà e casualità in tutto questo; verosimilmente, fu De Gubernatis ad inventare consapevolmente un ciclo in base a materiali pervenutigli fra le mani gli uni indipendentemente dagli altri. D'altra parte, un suggerimento in tal senso avrebbe potuto giungergli dall'ebreo russo Michail Aškinazi, collaboratore della «Revue». In quanto a Władysław Mickiewicz, è notorio l'atteggiamento filosemita del padre Adam; traducendo il racconto della Orzeszko, Władysław prendeva una posizione altrettanto inequivocabile. Non è da escludere che anche la novella della scrittrice ungherese Lenke Beniczky-Bajza, Rebecca, sia arrivata alla rivista su sua indicazione.

Il trascinarsi dell'attesa per la pubblicazione del racconto della Orzeszko venne a sommarsi agli altri piccoli motivi di insoddisfazione da parte di Mickiewicz nei confronti della «Revue» e del suo redattore: la cooperazione di Mickiewicz non produsse altri frutti. Ma se tutto ciò non fosse bastato a guastare il rapporto, un motivo determinante già di per se' perché Mickiewicz abbandonasse la «Revue» alla sua sorte sarebbe stato, probabilmente, l'articolo di Vladimir Lamanskij sul panslavismo, che uscì in quello stesso fascicolo di marzo 1884 accanto alla novella di Sienkiewicz. Non vi furono reazioni immediate di Mickiewicz; la sua polemica nei confronti dell'articolo dello studioso russo emerse soltanto nel mese di ottobre, in forma privata, proprio in concomitanza con l'uscita sulla «Revue» della conclusione del Fort Samson: Mickiewicz prese a spunto la protesta di un amico, l'ecclesiastico Jan Siemieński, espressa in una lettera a cui De Gubernatis aveva appena dato risposta (una risposta che, evidentemente, non aveva soddisfatto né Siemieński, né Mickiewicz):

    Paris ce 23 Sept. 84

      Monsieur le Directeur!

    Permettez moi de me rappeler à Votre souvenir. Il y a déjà 10 ans que j’ai eu l’honneur de Vous ętre présenté par mon condisciple et ami C.te Ladislas Tarnowski, qui fut aussi Votre ami. J’habite actuellement Lemberg (capitale de la Galicie Autrichienne) oű nous avons une Société littéraire assez florissante. En me trouvant pour quelque temps à Paris j’y ai trouvé Votre intéressante Revue; je Vous en fais mes compliments et je Vous souhaite beaucoup de succès.

    Je prends la liberté de Vous faire quelques observations relativement á l’article de Mr. Wladimir Lamansky: Le Panslavisme 6ş livraison du 10. Mars.

    L’auteur du Panslavisme est sérieusement panslaviste ou plutôt panrusse car il écrit, page 382, “Les Allemands n’auraient-ils pas réussi à imposer à Venise, après son annexion à l’Autriche, leur langue comme instrument d’une culture supérieure et comme organe officiel, si les Venitiens s’étaient limités á leur dialecte et avaient voulu ignorer l’idiome toscan?”

    Cet exemple doit refuter les Polonais et autres Slaves qui opposent à une langue littéraire universelle, leurs idiomes, etc. J’appele à la Géographie à l’Histoire et l’Ethnographie, et je suis très curieux qu’en dira le ministre Correnti qui s’occupe de la Pologne. Le polonais le tchèque le serbe sont des langues à part et ressemblent au russe comme le français à l’italien.

    Mr. Lamansky se moque donc de Vos lecteurs oű les suppose completement ignorants des choses élémentaires.

    Pour Vous faire avaler cette prétention dispotique de russifier tous les Slaves il a commencé à faire une exception pour les Polonais et à la page 852 il distingue une Pologne ethnographique, il permet qu’on parle et écrive en polonais, mais il se declare ennemi de la Pologne historique parceque celle-ci est une pure négation de l’unité nationale russe.

    L’âme de notre ami Ladislas a du souffrir au ciel si la douleur pouvait y entrer.

    Au nom de la fraternité des nations je proteste contre l’attentat fratricide preconisé dans Votre Revue, et si Vous voulez nous ferons içi une réponse moderée qui ne sera pas inspirée de la haine des Russes mais de l’amour de la verité et de la liberté.

    L’Italie nous soit d’exemple et d’encouragement. Vos provinces ont subi aussi le joug étranger et Vous n’avez pas désesperé. Permettez nous aussi de garder l’espoir. Nous n’ambitionnons pas qu’on pręche aujourd’hui la résurection de la Pologne surtout après le congrès de Skierniewice,[41] mais il y a un certain juste milieu qui arręte les prétentions ridicules aussi bien que les appétits féroces.

    Veuillez Monsieur le Directeur recevoir l’expression de la plus haute consideration

          de Votre serviteur

    L’abbé Jean Siemienski[42]

De Gubernatis non diede spazio alla replica polacca sulla «Revue internationale». Che vi sia o no un rapporto fra il suo silenzio e l'atteggiamento di Mickiewicz nei confronti della «Revue», fatto sta che la collaborazione dell'intellettuale polacco non proseguì oltre, interrompendosi ben più bruscamente di quanto lasciassero presagire le premesse gettate nelle lettere dell'inizio del 1884. L'uscita di scena di Mickiewicz costò alla «Revue» una vistosa diminuzione quantitativa della polonistica. Nel 1885 si registra un solo contributo, una delle citate lettere da Varsavia di un certo W.Oświęcim (forse uno pseudonimo). Solo nell'aprile 1886 esce la prima puntata di un nuovo lungo racconto di Eliza Orzeszko, Mirtala, tradotto da A. Gawrońska, alla cui pubblicazione Władysław Mickiewicz questa volta sembra essere estraneo. Per il resto, durante la direzione di De Gubernatis non si segnalano altre collaborazioni e contributi significativi. La precisa volontà di divulgazione della slavistica che aveva contrassegnato la «Rivista europea» sopravvive solo per inerzia, e in misura ridotta, fra le pagine della «Revue». Gli interessi di De Gubernatis si andavano spostando altrove (di questo periodo è il viaggio in India), la stessa attività redattoriale aveva cessato di essere centrale nei suoi impegni. Cosě, nella breve vita della rinnovata «Rivista contemporanea» trova spazio un solo contributo di polonistica, un passo del poema di Adam Mickiewicz Dziady, tradotto in italiano da Aglauco Ungherini.[43] Anche in «Natura e arte» trovano accoglienza episodiche versioni poetiche di L.Orsini e Umberto Norsa.[44]

Nonostante il diminuito interesse di De Gubernatis per il mondo slavo, che negli anni '90 lo attirò principalmente nel suo versante balcanico, i suoi legami personali con la Polonia si mantennero piuttosto costanti nel tempo, e forse ancora piů che per la Russia egli nutrě affetto per la Polonia nell'ultimo periodo di vita. Questi legami si tradussero in iniziative interessanti dal punto di vista di questo studio in un paio di occasioni. La prima consistette nelle pergamene commemorative che De Gubernatis ideò per le celebrazioni del quarto centenario della scoperta dell'America. Le pergamene di De Gubernatis andavano riempite con i contributi di poeti, romanzieri, accademici e pittori di tutto il mondo, divise in sezioni (Italia, Europa, Mondo) e in sottosezioni (le pergamene in rappresentanza delle varie nazioni, in particolare delle accademie nazionali o di istituzioni analoghe). Il tutto venne raccolto in un volume di riproduzioni anastatiche che venne pubblicato come omaggio allegato al fascicolo di ottobre del 1892 di «Natura e arte». Particolarmente utili risultarono i legami polacchi di De Gubernatis, dal momento che le pergamene polacche occupano ben trenta pagine del volume, meno soltanto delle sezioni italiana, francese e tedesca.[45] Anche il livello dei nomi che vi compaiono è estremamente rilevante, poiché vi si annoveravano i contributi autografi, ora brevi scritti o poesie inedite, ora semplicemente le firme, di quasi tutti i maggiori poeti e letterati polacchi dell'epoca: i poeti Jan Kasprowicz, Adam Asnyk, Maria Konopnicka, Jan Matejko, Kornel Ujejski, Józefa Prawdzic-Cybulska (successivamente nota col nome di matrimonio Józefa Bąkowska), Władysław Bełza, Deotyma, Teofil Lenartowicz, Płaton Kostecki e altri; i romanzieri Eliza Orzeszko, Wojciech Wilczyński e altri; gli storici Tadeusz Korzon, Artur Wołyński, Stanisław Szczepanowski e Stanisław Tarnowski; i pittori Stanisław Roman Lewandowski e Leopold Pilichowski, e ancora numerosi nomi, per lo piů delle semplici firme.[46] Una sezione veramente notevole, quella polacca, all'interno di un mondo slavo che era comunque piuttosto ben rappresentato anche da Boemia e Croazia, molto meno dalla Russia (alcune pagine di firme di professori, per lo piů di università minori o periferiche come Kazan', Dorpat e Helsingfors, una poesia di Aleksej Žemčužnikov, una pagina di tono ufficiale da parte dell'ambasciatore russo A.Nelidov e dell'archimandrita russo a Roma, Pimen Blagovo...); un'unica pagina di firme di accademici rappresenta la Serbia, mentre la Bulgaria è del tutto assente.

La consistenza e la qualità delle celebrazioni colombiane polacche, con tanti interventi poetici, brevi scritti storici e alcune tavole a colori a decorare il tutto, furono il frutto dell'impegno di diverse persone, "mobilitate" per l'occasione da De Gubernatis. In qualche misura dovette rientrare anche un elemento di competizione, alla caccia del posto d'onore da parte di una nazione politicamente inesistente, nell'albo internazionale dove figuravano le accademie di tanti stati pienamente riconosciuti. Fatto sta che due collaboratori svolsero in tutto ciò un ruolo particolarmente attivo e con successo: il conte Władysław Kulczycki, che oltre a stabilire importanti contatti con scrittori di sua personale conoscenza si assunse il compito di fornire di una buona traduzione italiana tutti i contributi polacchi; ed una giovane poetessa residente a Leopoli, Józefa Szczęsna Prawdzic-Cybulska (1865-1933, dal 1895 Bąkowska), invaghitasi del professore italiano, del suo sanscrito e della sua erudizione, ma anche del suo "animo di poeta". La Prawdzic-Cybulska raggiunse tutte le personalità piů in vista di Leopoli, contattò con successo le principali scrittrici polacche (la Konopnicka, la Orzeszko, Deotyma), fece eseguire delle tavole illustrative da pittori locali (tra cui una, un quadro dell'ucraino Jan Styka raffigurante Tadeusz Kościuszko combattente al fianco di Washington in America, non venne poi inserita nell'album per problemi tipografici) e lei stessa compose una poesia dedicata a Cristoforo Colombo.

Anche Kulczycki fu molto solerte nell'iniziativa colombiana, coordinandosi con la Prawdzic-Cybulska e con lo storico Witold Władysław Kornel Zieliński, studioso della famiglia dell'ultimo re di Polonia Stanisław Poniatowski, allo scopo di mobilitare il meglio della cultura polacca:

    Scriverò senza indugio allo Zieliński che chieda un autografo ad Enrico Sienkiewicz l’illustre romanziere, che abita vicino a Varsavia, e alla signorina Cybulska che lo domandi all’Asnyk, di cui non ho l’indirizzo, ma che deve ora star a Lemberg, essendo deputato alla dieta. Intanto scriva, se crede, senza indugio al decano di età degli scrittori polacchi, il Conte Augusto Cieszkowski […]. In quanto al Conte Stanislao Tarnowski, non mi maraviglio della sua poco garbata attitudine […]. Egli appartiene alla poco numerosa setta dei clericali intransigenti chiamati da noi stańczyki, da Stańczyk, giullar di Sigismondo I, di cui uno di questi signori pubblicò le pietose memorie. Per questi seguaci del cardinale Ledochowski la Polonia libera ed indipendente, carissimo ideale de’ suoi figli, ha cessato di esistere. Essi sono austriacanti, prussiani, russi, tutto fuorché polacchi, quantunque coltivino la storia di Polonia falsificandola indegnamente e giustificando tutti gli abusi che ci perdettero! Tarnowski è Stańczyk per eccellenza. È uno scrittore di talento, ma nessuno fra i veri Polacchi lo stima.[47]

Il conte Stanisław Tarnowski, a cui Kulczycki fa riferimento, era un personaggio influente, storico di fama e segretario della Akademia Umiejętności di Cracovia. De Gubernatis gli si era rivolto personalmente, adducendo la propria antica amicizia col suo defunto cugino Władysław, ma Tarnowski aveva dato una risposta gelida, motivata dalla presenza tra gli organizatori e i firmatari delle pergamene di soggetti a lui poco graditi, come il poeta Adam Asnyk, deputato alla dieta di Leopoli. Cosě, egli spiegava che un collega gli aveva dato la pergamena perché vi apponesse la sua firma, ma "J'y ai vu aussi celle de Mr. Asnyk, que Vous me semblez désirer particulièrement. J'en résume, qu'avec la meilleure volonté du monde, mon intervention devient inutile"...[48]

Allo sconcertato De Gubernatis Kulczycki aveva dovuto spiegare quali fossero le posizioni ideologiche che distinguevano Tarnowski. In compenso al mancato ausilio dello storico di Cracovia, Kulczycki ottenne la collaborazione dell'allora direttore del «Kurier Warszawski», Franciszek Olszewski.[49] Ma proprio la chiamata in causa di Olszewski suscitò l'ira e l'indignazione di Zieliński, ostile alla cerchia del «Kurier Warszawski»; Zieliński si sentě scavalcato e disprezzato per il lavoro che aveva svolto, giacché Kulczycki lo aveva giudicato insufficiente. Scrisse perciò una lettera veemente a De Gubernatis, pretendendo spiegazioni, e giustificando le proprie scelte, in particolare l'esclusione di Sienkiewicz, dovuta a cause di forza maggiore, e di Deotyma ed altre poetesse, dovuta invece a valutazioni letterarie:

    M.me Orzeszko et Konopnicka (qui est à Rome et donna son signature là) sont plus célèbres que M.me Deotyma, une célébrité autrefois par ses adorateurs et ses “cicibés” manque d’autre poëte plus ingénieuse qu’elle. [Invitando Deotyma ed Esteja bisognerebbe invitare ancora] une centaine de novellistes et des poëtes minorum graduum qui sont ainsi des “Grandeurs” et “Célébrités” d’après la clique du “Kurjer Warszawski”. Mr. Sienkiewicz depuis plus d’une année est à l’étranger; au mois de Mars et Avril il était à Zakopane et à Cracovie et le C.te Tarnowski devait savoir où il se trouve et devait acquerir son concours […]. Les personnes qui par mon intermède en donnaient leurs signatures sont des véritables notabilités scientifiques et littéraires – et dans ma conviction et sur mon honneur, comme n’appartenant à aucune clique, j’acomplie mon devoir strictement sans aucune partialité. J’apprends aussi que Monsieur le Comte (ou bien le C.te Kulczycki) peut satisfait des résultats de ma mission avec laquelle Vous m’avez honoré, a envoyé recemment encore 5 parchemins à Mr. Olszewski redact. du “Kurjer Warszawski”. Monsieur le Comte! a un bel outrage de Votre part…[50]

De Gubernatis non mancò di dare spiegazioni, assicurando il proprio apprezzamento per il lavoro svolto da Zieliński e giustificando l'operato di Kulczycki, che si era affidato a piů d'un corrispondente per arricchire la sezione delle pergamene polacche. Zieliński si lasciò solo in parte blandire dall'amabilità di De Gubernatis, dopo che "Votre incomparable galanterie et délicatesse superflue, Vous ont dictés la charmante lettre du 10/VI".[51] Persisteva l'ira nei confronti di "certaines personnes" che l'avevano voluto screditare agli occhi di De Gubernatis, e di conseguenza Zieliński pretendeva che Olszewski, membro della “clique triomphante aujourd’hui”, una volta riempite le pergamene supplementari le desse in mano sua, perché fosse lui a renderle a De Gubernatis!

    Ma demande, ne doit pas étonner Monsieur le Comte en sachant, que nous autres polonais, somme non seulement “matti” mais que de plus, nous appartenons à la race de ”genus irritabilis” grâce à notre position sociale et politique.[52]

In definitiva, va riconosciuto al suscettibile Zieliński un contributo importante, ma a livello organizzativo il principale artefice dell'albo polacco fu comunque Kulczycki, una personalità interessante che univa ad un carattere generoso e fiero un grande orgoglio aristocratico e una visione politica pesantemente conservatrice e reazionaria. Cosě, reagendo negativamente alle alleanze dell'Italia con gli imperi germanici, come del resto tutti i conoscenti slavi di De Gubernatis, Kulczycki dimostrava un'avversione non minore verso l'alternativa di un'allenza italo-francese, essendo la Francia dominata dal radicalismo:

    La diplomazia russa asserisce ai suoi intimi che, fallita la trattativa del sig. Iswolský[53] col Vaticano per l’introduzione della lingua russa nella chiesa cattolica di una parte della Polonia, l’imperatore Guglielmo, nell’abboccamento di Peterhof, abbia promesso allo tzar di esortare confidenzialmente il Papa di accondiscendere alle esigenze moscovite e a dar il colpo di grazia all’odiata nazionalità polacca […]. Se ciò è vero, mi rallegro dell’alleato liberale e amante del principio di nazionalità, che la stella d’Italia ha in questo momento! Fra l’insidioso e pettegolo radicalismo francese e il brutale dispotismo tedesco la scelta era pur troppo difficile, ma Roma striscia troppo, e nazione, governo e Papa dimenticano alquanto la propria dignità.[54]

Nel 1889 De Gubernatis si rivolse a Kulczycki, che conosceva tutta la crema dell'aristocrazia polacca, per trovare un acquirente a tre quadri di Angelica Kauffmann raffiguranti il re Stanislao Poniatowski, suo padre e suo fratello. Kulczycki propose di venderli uniti alla cifra di 30.000 lire, destinandone 4.000 lire alla beneficienza nei confronti di una “vedova di un distintissimo polacco” rimasta in miseria e con dei figli a carico. Per la vendita, confidava molto sull’amico Adam Plug, direttore del «Kurier Warszawski». In alternativa, si sarebbe rivolto allo scrittore Zygmunt Kaczkowski, residente a Parigi, o ad alcuni suoi parenti piů o meno stretti, dagli illustri cognomi Poniatowski, Radziwiłł, Orlowski... Tuttavia, in questi ultimi sperava molto poco, in quanto la situazione finanziaria dei polacchi di Polonia era in quel periodo alquanto deplorevole:

    Io scriverò al suddetto direttore [Plug] d’interrogar anche la direzione del museo di Cracovia; ma in genere spero poco dai Polacchi dell’Austria e della Prussia, perché quantunque più liberi politicamente, essi sono senza denari a motivo della favolosa usura degli Ebrei e dell’orrenda schiavitù materiale, in cui Israele, vera peste della società moderna, tiene la metà della povera Polonia. In questo disgraziato paese chiunque ha onestà, rettitudine, intelligenza, bisogna che per forza diventi anti-semita![55]

L'antisemitismo di Kulczycki rispecchiava la visione di una parte consistente della società polacca, sebbene esistessero in materia anche opinioni radicalmente opposte, come quelle dei superstiti del messianismo di Adam Mickiewicz e come quelle di Eliza Orzeszko, che pure proveniva dalla nobiltà polacca. Su una cosa Kulczycki aveva visto giusto: il momento non era favorevole per trovare in Polonia dei collezionisti in grado di sborsare una somma considerevole per i tre quadri della Kauffmann. Dopo un paio di mesi di tentativi, la questione cadde, o forse De Gubernatis trovò da sé un acquirente.

Alla Polonia è legata anche l'ultima iniziativa pubblica di Angelo De Gubernatis in favore degli slavi. Ormai anziano e ormai prossimo alla morte, il 28 maggio 1912 l'infaticabile divulgatore inaugurò con un discorso celebrativo il circolo italo-polacco intitolato a Fryderyk Chopin, la cui attività fu purtroppo, a quanto risulta, breve ed effimera.[56] La nascita del circolo fu comunque preparata da società di interesse slavistico che si svilupparono a Roma, per impulso principalmente di De Gubernatis, nei primi anni del secolo. Per prima venne la "Lega Latino-Slava", sezione italiana fondata nel 1906 di una "Ligue Latino-Slave" sorta a Parigi per iniziativa del generale Artur Èerep Spiridović, un panslavista filolatino che vagheggiava una alleanza d'intenti latino-slava per liberare le nazioni ancora sottomesse alla corona asburgica. Èerep Spiridović aveva scritto a De Gubernatis nel 1906, nella speranza che questi lo aiutasse a pubblicare sulla «Nuova Antologia» due drammi di Anton Tresić Pavičić, da lui considerato uno dei migliori scrittori slavi contemporanei. I due drammi in questioni facevano parte di una tetralogia drammatica intitolata Finis Reipublicae, e lo scopo della loro pubblicazione, al di fuori del loro valore eminentemente culturale, era di tipo politico. Tresić Pavičić, spiegava Èerep Spiridović,

    è deputato alla dieta Dalmata ed è il vero iniziatore del movimento verso l'alleanza tra le due nazioni, che abitano le due sponde dell'Adriatico. Dopo gli ultimi disordini provocati, me lo creda, non dai croati di passaggio per Zara e Fiume, ma dagli agenti austriaci, che i primi insultarono i croati, sarebbe quantomai necessario di fare qualchecosa per calmare gli animi. [...]. Sono il piů fervente, devoto apostolo del ravvicinamento italo-slavo e dell'espansione italiana nei Balcani. Aiuttandomi — aiuttate la causa italiana — perché lo scopo dei tutti miei lavori e dare la libertà ai Slavi e dunque rendere all'Italia il Trento etc.[57]

Probabilmente non fu questo il primo contatto di De Gubernatis con Èerep Spiridović, di cui non ho trovato che una seconda lettera, datata però 1911. Ad ogni modo, dovette essere De Gubernatis il promotore della sezione italiana della "Ligue Latino-Slave", che per l'appunto nacque nel 1906 con un manifesto da lui concepito, nel quale si affermava la necessità di battersi per la fondazione di stati secondo il principio di nazionalità e si sottolineava il grande vantaggio economico e culturale che l'Italia avrebbe avuto vedendosi aperto un libero mercato ad est, attraverso l'Adriatico.[58] Membri del circolo, insieme a De Gubernatis, erano alcuni rappresentanti di spicco della divulgazione slavistica italiana: l'avvocato triestino Eugenio Popovich, console generale del Montenegro in Italia, il professor Domenico Ciampoli, primo slavista di professione in Italia, la giovane Umberta Griffini, responsabile di una vivace sezione di letterature jugoslave sulle pagine della fiorentina «Nuova rassegna di letterature moderne», lo storico e pubblicista polacco Adam Darowski. Segretario della "Lega" era M. Wołyński, probabilmente figlio di Artur. L'attività della "Lega" non dovette essere particolarmente brillante, perlomeno essa non ha lasciato tracce. Pochi anni piů tardi, nel 1911, De Gubernatis è impegnato, come presidente della "Società della pace", ad organizzare in pompa magna il "XIX Congrès universel de la Paix" a Roma. Il congresso capitava nel momento peggiore: l'Italia aveva dichiarato guerra alla Turchia per il possesso della Libia; nell'ottobre del 1911, al momento del congresso, si era nella fase cruciale della guerra. In questo clima, il congresso per la pace appariva destinato in partenza al fallimento. Inoltre, il pacifismo di De Gubernatis aveva suscitato reazioni di alcuni suoi studenti dell'università di Roma, che pretendevano uno schieramento unanime in favore dello sforzo bellico. Alla fine, De Gubernatis, in posizione delicata, si pronunciò genericamente contro la guerra, ma a favore di una guerra contro la Turchia che, a suo dire, nasceva dai soprusi patiti dall'Italia, costretta perciò a difendersi: il pacifismo non andava dunque scambiato con una politica a tutti costi inerme. L'incongruenza fu rilevata da diversi delegati del congresso. D'altra parte, l'ostilità di De Gubernatis verso l'impero ottomano, in quanto stato sopranazionale e dispotico, era cosa assai antica e tutto sommato logica. L'insuccesso del congresso non scoraggiò l'anziano studioso, che nel 1912 fu attivissimo nel «Movimento pacifista», pubblicando anche una conferenza dal titolo Pacifismo e patriottismo (Milano, 1912) e una piccola rivista, «Cronaca del Movimento pacifista», nella quale molta attenzione rivolse alla causa della Polonia.[59]

Fu da questo humus che nacque il "Circolo italo-polacco Federico Chopin". Inaugurando il circolo, De Gubernatis accennò con pudore al grande significato personale che Chopin aveva avuto per lui ("Nella mia vita, nessuna musica mi ha mai tanto agitato e turbato quanto quella di Chopin":[60] occorre infatti rammentare che sua moglie era una pianista dilettante innamorata della musica di Chopin, e che la marcia funebre dalla seconda sonata del compositore polacco era stata il Leitmotiv ossessivo degli ultimi anni di vita cosciente di Sof'ja Bezobrazova.[61] Inoltre, uno dei più cari amici di De Gubernatis era stato quel Władysław Tarnowski, pianista e compositore polacco, morto romanticamente su un bastimento salpato dall'India nel 1878. Nel suo discorso, l'anziano professore non osserva la musica di Chopin dal punto di vista salottiero e "parigino", ma la ricollega giustamente alla natura slava, e specificamente polacca, della sua ispirazione:

    Dai canti, dalle fiabe, dalle leggende de' malinconici villaggi, dalle strofe ardenti degli esuli bardi, dalla voce squillante di commossi oratori, dal cinguettěo e dal soave sussurro di amabili donne, dai venti delle foreste, dallo strepito de' torrenti montani, dai brevi tripudii primaverili sullo smeraldo de' prati, dall'onda delle messi d'oro, dal guizzare de' lampi nella tempesta, dalla gravezza delle nebbie, dallo squallor delle nevi, dagli urli e lamenti delle vittime umane, dagli improvvisi sussulti e profondi prostramenti di folle irrequiete, da tutti, insomma, i palpiti, i fremiti, gli spasimi della natura e della vita, Chopin seppe, ascoltando, trarre armonie. (p.6)

Questo discorso sentimentale e accorato fu l'ultimo contributo slavo di Angelo De Gubernatis, che sempre dalla Polonia era partito alla scoperta del mondo slavo.

Dai carteggi

Insieme alla produzione delle riviste, sono ancora una volta i rapporti epistolari ad offrirsi come oggetto di analisi. Anche sul versante polacco, i carteggi conservati nell'archivio di De Gubernatis sono numerosi e disseminati di informazioni interessanti, come quelli già ampiamente riportati di Mickiewicz, Wołyński e Lenartowicz. Ne osserveremo qualche altro di particolare rilevanza.

Il nome piů celebre della letteratura polacca che compare nell'archivio fiorentino è quello di Józef Ignacy Kraszewski (1812-1887), romanziere dal piglio combattivo che per via della sua attività politica, volta naturalmente in favore della Polonia, condusse una vita abbastanza precaria, segnata prima dall'esilio a Dresda e in seguito, inimicatasi anche la Prussia, da un breve ma sofferto periodo di prigionia nella fortezza di Magdeburgo (1883). Proprio in occasione di tale arresto, che colpiva uno scrittore ormai noto e per giunta anziano, ci fu una mobilitazione di personalità della cultura e della politica di tutta Europa affinché Kraszewski, che non godeva di buona salute, fosse rimesso in libertà. All'iniziativa partecipò anche Angelo De Gubernatis che, nel momento in cui essa ottenne il risultato sperato, la liberazione dello scrittore, colse l'occasione di felicitarsi personalmente attraverso una lettera circolare che andava distribuendo per l'Europa alla ricerca di sostegni alla sua iniziativa del momento, la fondazione della «Revue internationale». Kraszewski rispose di buon grado e abbozzò la possibilità di scrivere qualcosa per la novella rivista:

    A. le 12 aoűt 1883

    Dresde

    Ŕ peine revenu a Dresde, après deux mois passez en prison, très souffrant et alité — je reçois Votre circulaire, cher Monsieur, et je m'empresse de Vous envoyer quelques lignes. Je voudrait qu'elles témoignent de toutes nos sympathies de notre amour pour l'Italie..

    Agréez l'expression de la haute consideration avec laquelle j'ai l'honneur d'ętre

        Votre devoué serviteur

J.I.Kraszewski[62]

Qualche mese più tardi, ormai alla vigilia dell'uscita del primo fascicolo della «Revue», Kraszewski scrive nuovamente a De Gubernatis. Questa volta si tratta di una lettera estesa, il tono è ancora più cordiale che nella precedente, l'argomento è la possibilità di tradurre per la «Revue internationale» qualche novella di Kraszewski.

    A. le 17 novembre 1883

    Dresde 31 Nordstrasse

    Cher Comte et illustre Maître. Je Vous suis on ne peut plus reconnaissant pour toutes les preuves de sympathie que Vous avez la bonté de me donner, soyez persuadé que venant de Vous — elles me sont d'autant plus précieuses. Rien de plus flatteuse pour moi que l'espérance de figurer dans la Revue Internationale, mais je me trouve très perplexe pour le choix. Je n'ai jamais pendant les cinquante et quelques années de travail, ni brigué ni eu en vue de conquérir la renommée. J'ai écrit au jour le jour principalement pour mon pays et pour ses besoins moraux, et aussi pour satisfaire à un besoin intérieur de produire... La plusparte de mes contes et romans sont si intimment liés aux événements et au développement des idées qui sut surgir chez nous — qu'ils deviennent presque inintelligibles pour l'etranger.

    Je tacherai pourtant de choisir quelque chose — de pas trop volumineux, et je vais Vous adresser quelques volumes, par la poste. J'aime mieux que la Princesse qui a la bonté de vouloir bien traduire, fasse elle même le choix.

    Les traductions allemandes abondent, il en parait beaucoup. Les françaises — il y en a peu — Je choisie de préférence ce qui est plus court, car je crois que cela conviendra mieux à la Revue.

    Ma santé, helas, est dans état deplorable et je n'attends que la fin de cette malheureuse affaire — pour aller vers le Sud me reposer et reprendre les forces — si cela se peut.[63]

    La Revue internationale a un but et une idée qui vient à point aujourd'hui. Helas — nous en sommes, pour le moment qui court, dans une phase de développement éxuberant du sentiment national, qui fait oublier le principe chrétien et humanitaire de la fraternité des peuples. Nous sommes très plus polonais, italiens, allemands, russes, qu'hommes et frères. Les journaux sont pleines d'articles haineux et entretenants des hostilités dangereuses pour l'avenir. Il faut prêcher de nouveau l'unité de la famille du genre humain, et ses devoirs.[64] Je crois que ce sera le but intime de Votre publication, on ne peut plus nécessaire aujourd'hui.

    Agréez cher Comte, l'expression sincère de mon admiration pour Vous et Vos travaux, et de la considération distinguée avec laquelle j'ai l'honneur d'être

        Votre devoué serviteur

    J.I.Kraszewski[65]

A questo punto, però, non accade nulla: né si pubblica mai sulla «Revue internationale» alcuna traduzione da Kraszewski, né lo scrittore rinnova la comunicazione epistolare. Naturalmente, occorrerebbe un riscontro dalle lettere inviategli da De Gubernatis. Forse Kraszewski, per motivi di salute, o perché in procinto di trasferirsi, come annunciato, "al sud", in Italia, distolse l'attenzione dalla «Revue»; forse, come in altri casi, per l'eccesso di attività e contatti De Gubernatis mancò di rispondere e lasciò cadere la cosa. Ma egli aveva avuto occasione di scrivere alcune righe su Kraszewski qualche anno prima, nel 1878. Al'inizio del 1878 Kraszewski era stato a Firenze, dove De Gubernatis ebbe modo di fare la conoscenza dell'illustre romanziere e ne segnalò l'attività sulla «Nuova Antologia», in una "Rassegna delle letterature straniere" intitolata Stranieri in Italia - Italiani all'estero.[66]

Un altro nome illustre della letteratura polacca è finito nella grande pila degli "illeggibili", sebbene la firma sia inequivocabilmente chiara: "Marya Konopnicka Écrivain de Pologne". Maria Konopnicka (1842-1910), una delle maggiori personalità della letteratura polacca, e in special modo narratrice per l'infanzia, si rivolse a De Gubernatis nel 1902 per motivi extraletterari: come rappresentante delle donne polacche, la Konopnicka era impegnata in una campagna di protesta nei confronti delle autorità prussiane, accusate di discriminare gli studenti polacchi nelle scuole di Poznań (all'epoca Posen, alla tedesca). Del resto, molte furono le simili iniziative politiche e civili che contraddistinsero la vita della Konopnicka, che in quel periodo si trovava in Italia. Non mi è dato sapere se De Gubernatis s'interessò al problema, tuttavia la cosa è altamente verosimile, considerati i precedenti e le sue simpatie slave; di fatto, l'appello della Konopnicka, forse per suo tramite, raggiunse le pagine di alcuni giornali e riviste d'Italia.[67] Questo il testo della lettera di Maria Konopnicka:

        Monsieur.

    Je m'adresse à Vous, Monsieur, comme à l'illustre protecteur de toute oeuvre d'humanité, en sollicitant votre précieux appui pour notre action.

    Nous appelons aux femmes de toutes les nations pour venir protester avec nous contre les abus prussiens exercés sur nos enfants aux écoles de Posen.

    Esperant, que Vous ne nous refuserez pas Votre bonne protection, je prends la liberté de Vous envoyer, Monsieur, notre appel et quelques listes de proteste. Vous nous obligerez infiniment, en les distribuant parmi les dames de Vos connaissances, qui voudront peut-ętre les remplir gracieusement de leurs signatures.

    Veuillez agréer, Monsieur, l'expression de mes sentiments les plus distingués

                Marya Konopnicka

                Écrivain de Pologne

                Deleguée des femmes polonaises

    Florence, 9/1 1902

    via Lungo il Mugnone 23. p.f.[68]

Nell'archivio De Gubernatis si trova ancora un nome illustre, quello del poeta Adam Asnyk (1838-1897). Ma in questo caso il contenuto dell'unica lettera conservata è deludente: Asnyk si era abbonato al Dizionario biografico degli scrittori contemporanei, che usciva a fascicoli; ma ad un certo punto aveva smesso di ricevere la pubblicazione. Per questo motivo, scrisse a De Gubernatis per informarsi del disguido, tanto piů fastidioso in quanto il poeta aveva già pagato la sottoscrizione all'opera.[69]

Meno noto e importante è ai giorni nostri il nome di Władysław Tarnowski, di cui in questo libro si è già parlato piů volte come di uno dei piů cari amici di Angelo De Gubernatis. Quella di Tarnowski (nato nel nel 1836 o nel 1844) era una personalità decisamente anomala e poliedrica: nobile possidente galiziano,[70] agiato e aristrocratico, divenne pianista di calibro sotto la guida di Ferenc Liszt, nonché compositore. Agitato da uno spirito inquieto, perennemente alla ricerca di nuovi stimoli, si dedicò anche ad altre arti, in particolare alla poesia. Dalle sue lettere a De Gubernatis, e dai ricordi che questi ha lasciato di lui, si delinea una bizzarra figura di egocentrico, con un'altissima considerazione di sé specialmente nella veste di poeta, ultraromantico nel modo di scrivere e negli atteggiamenti, un vero e proprio dandy polacco che, assediato dal tedio di una vita troppo agiata e prevedibile, cominciò a partire per le mete piů esotiche e lontane:[71] l'Egitto, la Turchia, la Palestina e in seguito l'India, che gli fu fatale: debilitato dalle dure condizioni di viaggio, Tarnowski contrasse una malattia tropicale e morě malinconicamente nel 1878. De Gubernatis fece la conoscenza di questo insolito personaggio verosimilmente a Firenze alla fine del 1872,[72] attraverso il comune amico Teofil Lenartowicz. I due entrarono immediatamente in sintonia, evidentemente per la somiglianza di carattere (l'egocentrismo, la curiosità dispersiva, il fascino dell'Oriente, le velleità poetiche...). Nonostante il suo individualismo romantico, o forse proprio per adesione alla vena patriottica dei poeti polacchi, Tarnowski non è mai distaccato quando si riferisce ai destini della sua patria: ho già riportato un ampio passo della lettera polemica che Tarnowski scrisse da Napoli all'indomani della pubblicazione sulla «Rivista europea» dell'articolo di "Ukraino"-Drahomanov, Il movimento ruteno... (vedi cap.II,2); da galiziano polacco, Tarnowski si era indignato nel leggere le argomentazioni di Drahomanov a proposito della spinosa questione delle etnie e degli stati in "Rutenia", anche perché l'articolo era cauto nel criticare il governo zarista, ma molto piů diretto nell'attaccare i polacchi, in particolar modo la nobiltà polacca della Galizia asburgica. Chiamato in causa, Tarnowski ribaltava nella sua lettera l'intera impostazione del problema:

    ce n'est que ce matin que j'ai lu l'article sur la Rutenie. Entre nous soit dit, — et je Vous doit la franchise comme ami fidel — il m'a causé une vive douleur. Sans le vouloir Vous avez permis de jeter une pierre à la poitrine saignante de ma patrie! La Pologne, mon cher, la Lituanie et Rutenie, c'est une trinité aussi inseparable qu'independante en futur; ce sont trois grands bras du même arbre, croissantes sur le même tronc depuis des siècles [...]. Il Vous dit céla un Polonais Ruteniens, né sur cette même terre, et l'aimant filialement, comme ma vie le prouve comme mes poésies, et comme mon petite école de campagne, ou les Rutenien comme le Polonais sont instruits, et ou les braves compagnards ne font pas de noces et d'enterrement sans moi [...].

    Encore une pensée qui m'absorbe: que Madame Votre épouse qui est Russe ne s'offence de cette confession d'un homme franc qui serait heureux de perir pour son pays. Dite Lui, que si même Elle me detestait je ne pourrait pas la haïr car Elle est la femme d'Angelo. En somme la haine n'est pas de mes talents. Adieu! faites part de cette lettre à Teofil Lenartowicz que j'embrasse.[73]

De Gubernatis rispose accoratamente, difendendo la propria scelta redazionale e assicurando che le tesi di "Ukraino" non andavano contro le aspirazioni dei polacchi, anzi, erano un contributo anche alla soluzione della questione polacca: questo, per lo meno, possiamo desumere dalla successiva lettera di Tarnowski che, soddisfatto delle spiegazioni, commentava così:

    Merci pour le ménagement que Vous me donnez à propos de l'article [...]. C'est que nous autres Polonais sommes étranges — quand quelqu'un a l'originalité de prendre part à notre cause, au lieux de l'aprecier, nous voulons qu'il se fasse crucifier pour nous![74]

Ma l'articolo di Ukraino non passò inosservato tra i polacchi, e non soltanto Tarnowski espresse le sue riserve sull'opportunità di pubblicare un saggio del genere sulla «Rivista europea»: scrisse a De Gubernatis anche un amico di Tarnowski, l'abate Jan Siemieński che, come abbiamo visto, ebbe a polemizzare con De Gubernatis anche una decina d'anni dopo, in occasione della pubblicazione sulla «Revue internationale» dell'articolo di Vladimir Lamanskij sul panslavismo. Con tono molto garbato, Siemieński fece intendere che in ambienti polacchi si desiderava replicare alle tesi di Ukraino, e che in particolare esse avevano urtato uno studioso estremamente nazionalista, e molto influente, quale Franciszek Duchiński, di cui forse in connessione con questo episodio De Gubernatis in seguito parlò spesso assai male:

    Mr Duchinsky Professeur et Directeur du Musée Polonais à Rapperswil est intéressé dans la polémique que la Rivista a commencé au moi de Février sous le titre: Il movimento letterario Ruteno, etc. — Veuillez aussi me faire dire si Vous donnerez une réponse de la part des Polonais.[75]

Interesse di Siemieński era dunque di rispondere a Ukraino anche personalmente, a nome dei polacchi, sulla spinosissima questione rutena, che implicava almeno tre diverse maniere di vedere il mosaico etnico slavo orientale. In particolare, per il citato Duchiński i russi non erano slavi, bensě discendenti dei tartaro-mongoli, e come tali andavano estromessi dalla comunità slava nord-orientale, che egli considerava storicamente ed etnicamente polacca: polacchi, quindi, anche gli abitanti di Ucraina e Bielorussia. Naturalmente, tali posizioni erano estreme anche all'interno della diaspora polacca, ma non c'è dubbio che l'idea di considerare la "Rutenia" come un'entità etnica a se stante fosse estranea a ciascun polacco persino di piů di quanto non lo fosse ai russi. Come ecclesiastico, Siemieński combatteva questa battaglia ideologica anche sul piano dell'influenza religiosa, nel secolare confronto tra cattolicesimo ed ortodossia. La Galizia era l'avamposto cattolico fra gli slavi orientali. Alla ricerca di uno spazio attraverso il quale replicare sulla «Rivista europea», Siemieński inviò a De Gubernatis, che aveva risposto in maniera conciliante alla prima lettera, un proprio volume, pubblicato anonimo e dedicato alla questione storico-politica polono-rutena:

    Toute de mieux, elle pourrait servir comme réponse à l’article de l’Ukraino que Vous avez donné au mois de Février et de Mars. Je Vous recommande aussi le dernier chapitre (page 115) que je Vous envoye aujourd’hui et oû je prêche la réconciliation des Russes et des Polonais […]. Je voudrais bien savoir si Vous publierez la réponse que les Ruthènes vous ont envoyé de Lemberg.[76]

De Gubernatis, forse infastidito da tanta reazione ad un articolo comunque legittimo quale quello di Drahomanov, o piuttosto dai contenuti estremistici dei panphlets nazionalistici polacchi, non diede seguito alla polemica e preferì lasciarla svaporare nel silenzio. La «Rivista europea» non tornò ad occuparsi della questione, mentre la collaborazione di Drahomanov proseguì ancora per qualche mese, sebbene non sfiorasse più così delicati temi politici.

Per tornare a Tarnowski, il suo interessamento in tutte queste vicende fu solo momentaneo. Nel 1873 Tarnowski, già alla ricerca di un rifugio lontano dal "mondo", e pessimista sulla sorte della propria patria, si accontentava ancora dell'Italia e del Golfo di Napoli: Amalfi, Sorrento, Capri suscitavano il suo entusiasmo, gli lanciavano quel "richiamo della natura" che il poeta, si sa, è avido di cogliere:

    J'ai passé quelques jours ou plus tôt quelques moments celestes entre Capri Sorrento Salerno et Amalfi — dans les deux dernières localités j'ai éprouvé un bonheur que je n'ai ressenti depuis je ne sais quand, non seulement à cause de l'influence de la nature qui y est sublime jusqu'à l'impossible, mais aussi pars que j'ai oublié la maudite civilisation.[77]

I rapporti epistolari fra Tarnowski e De Gubernatis in questo periodo sono intensissimi. Terminata la parentesi naturale del Golfo di Napoli, Tarnowski torna al nord, in Germania, per tenere dei concerti. Il 26 aprile 1873 avrebbe dovuto suonare a Dresda, dove "Kraszewski a eu la bonté de se faire lui même (!) mon impressario".[78] Tuttavia, in tale occasione il grande romanziere non brillò per capacità organizzativa: a maggio, raggiunta la sua tenuta di Wróblewice, Tarnowski raccontava che

    Je n'ai pas joué à Dresde, c'était trop tard, je me suis arreté ça et là en chemin, je fus malade, et [...] rien n'y était préparé — si j'avais organisé un autre concert avec autre impressario, j'aurais manqué à des personnes amicables et distinguées, mais peu pratiques.[79]

Venuti meno gli impegni concertistici, Tarnowski si era dunque rifugiato nuovamente nella natura, questa volta la natura familiare della Galizia che si stava risvegliando dall'inverno, e di cui nella lettera appena citata fornisce una liricissima descrizione:

    je partis, heureux de trouver la neige chez moi. Vous autres enfants gâtés de la nature, vous ne Vs faites pas l'idée quel sublime spectacle que de voir, comme la nature endormie s'éveille, jette son voile blanc et redevient jeune — belle — vierge — fôlatrant sur des ruisseaux degelés, jettante des arcs-en-ciel, perles, fleurs, papillions — sa face sublime masquée d'une toile d'araigné, dans un cortège d'alouettes et de rossignols, volants, fôlatrants sur le règne des blés, annoncés par un premier tonnerre [...] le chant du laboureur et la flute du berger... a! mon cher tout cela c'est une harpe divine, il ne s'agit que de mettre l'oreille à terre et d'écouter. Je pense à toi sous mon vieux chêne qui a 5 siècles! oui il les a! il est vide au dedans, et 10 personnes peuvent s'y assire — ses feuillets chuchotent une épopée — ce chêne a vu la gloire de la Pologne, son declin — il reverra sa resurrection! Je pense à toi au tombeau de ma mère qui fut mon ange — assis sur une pierre, je lui ai raconté en silence au clair de lune tout ce que j'ai fait cet hiver.[80]

Questo era lo spirito esageratamente romantico di Władysław Tarnowski! Dello stesso tenore era una enfatica poesia in polacco che egli aveva dedicato qualche mese prima al nuovo amico Angelo: il componimento, Do Angela Gubernatis, decantava le doti poetiche e la sensibilità del caro Angelo, accostato ad un Apollo "z włoskiego Parnasu" e senza tralasciare un'invocazione a Dante, perché irradiasse sul novello poeta un raggio della sua gloria.[81] Inoltre, quello stesso anno Tarnowski tradusse un dramma di De Gubernatis, Maya, traduzione che cercò di fare pubblicare subito con la collaborazione di Lenartowicz. Ma Feliks Zieliński, il redattore della Biblioteka Warszawska, a cui il manoscritto era stato inviato, taceva. La traduzione ebbe modo di uscire alle stampe soltanto qualche anno dopo, nel 1875, nel «Ruch literacki» di Leopoli, e l'anno dopo anche in volume, sempre a Leopoli (Lwów, 1876).[82]

De Gubernatis proprio alla fine dell'estate del 1876 poté visitare Wróblewice e vedere con i propri occhi la magnifica natura galiziana descrittagli dall'amico. Infatti, era di ritorno dal congresso degli orientalisti svoltosi a Pietroburgo. In una lettera scritta all'inizio di luglio, Tarnowski si preoccupò di fornirgli tutte le piů scrupolose coordinate per arrivare fino a Wróblewice, che era una tenuta a sud di Leopoli, già nel viaggio di andata dall'Italia:

    Le chemin est le plus simple — de Vienne un jour et démi, de la gare Viennoise droite à Cracovie, c'est un jour de 8 matin à 8 de soir, delà un démi jour à Przemysl et encore 3 heures toujours chemin de fer à la station (de coté) Dobrowlany, d'on il y a 30 minutes à ma maison. Toute fois je demande de savoir du moins une semaine d'avance le jour à peu près de <Votre> arrivée pour ętre à la maison, puisqu'après le 20 Aoűt je vais prendre des bains froids aux montagnes.[83]

Tuttavia, De Gubernatis non passò durante il viaggio di andata, e decise invece di fare tappa a Wróblewice al ritorno da Pietroburgo, a settembre, quando però Tarnowski, come aveva annunciato, si era assentato dalla tenuta. Per questo motivo, i due non si incontrarono, Tarnowski ritornò a Wróblewice giusto pochi giorni dopo che De Gubernatis ne era ripartito alla volta dell'Italia, salvo poi incontrarlo a Przemyśl.[84] In ogni caso, De Gubernatis vide il luogo e ne fu impressionato, cosě come lo fu dalla gente che lo abitava, i contadini "ruteni" che egli vedeva assai piů simili a quelli russi che non ai polacchi. Ma di questo ho già scritto nei capitoli precedenti citando lo stesso De Gubernatis.[85]

Negli anni successivi Władysław Tarnowski cominciò ad intraprendere viaggi sempre piů esotici e impegnativi, tenendo l'amico italiano sempre al corrente dei proprio spostamenti. Ogni nuova terra dava cosě adito a lunghe riflessioni sentimentali e ad entusiasmi di breve durata. Le lettere di Tarnowski, tutte pervase di quel lirismo romantico un po' goffo di cui abbiamo saggiato alcuni esempi, rivelano comunque una personalità estremamente ricca e interessante, ad ogni modo simpatica nella sua perenne inquietudine. Le ultime lettere, impregnate di malinconia ed entusiasmo per le terre visitate, furono scritte alla vigilia dell'imbarco per l'India, un viaggio lungamente anelato dall'artista. Ma una volta coronato il sogno di vedere l'India, la sorte di Tarnowski fu decisa dalle insidie dei tropici: imbarcatosi da un porto indiano per raggiungere una nuova meta, la California, Tarnowski fu colpito da febbri improvvise e morě a bordo del bastimento diretto a San Francisco. La notizia della morte dello sfortunato viaggiatore venne annunciata a De Gubernatis dal comune amico Teofil Lenartowicz in una lettera del novembre 1878.[86] De Gubernatis dedicò allora un commosso omaggio all'amico scomparso sulle pagine della «Nuova Antologia», riportando la lettera di Lenatowicz e una propria poesia, un sonetto composto sulle ali dell'emozione per la sciagura.[87] De Gubernatis ricordò Tarnowski con affetto anche a distanza di molti anni nelle proprie memorie.[88]

Sicuramente più noti di Tarnowski sono i poeti Adam Bełcikowski (1839-1909) e Władysław Bełza (1847-1913). Entrambi si rivolsero in una sola occasione a De Gubernatis, rispondendo alla sua richiesta di notizie bio-bibliografiche per le due edizioni del Dizionario. Bełza scrisse nel 1878, lusingato dell'interesse nei suoi confronti:

    Lwów d.27/XI 1878

      Monsieur!

    Satisfaisant vos désirs, je vous envoie les détails nécessaires pour votre oeuvre bibliographique:

    Permettez aussi Monsieur d’exprimer mes sincères remerciements de ce que vous avez daigné penser à moi parmi tant de célébrités.

    Agréez Monsieur l’hommage de mon profond respect

    Ladislas Bełza[89]

Dello stesso tenore la lettera di cortesia di Bełcikowski, inviata nel 1887 assieme alla propria scheda per il Dictionnaire.[90] Per concludere, voglio rammentare la presenza nell'archivio De Gubernatis di una lettera del filosofo August Cieszkowski (1811-1894), presenza per cosě dire "cammuffata" dal fatto che una lettura erronea da parte dei catalogatori dell'archivio ne ha storpiato il nome in "Lierzbowski", ed è sotto questa denominazione che la lettera va cercata. Cieszkowski scrisse a De Gubernatis nel 1879, in qualità di membro della "Società di amici delle scienze di Posen". Declinando l'invito giuntogli da De Gubernatis di sottoscrivere personalmente un abbonamento al Dizionario biografico degli scrittori contemporanei, Cieszkowski annunciava però l'acquisto dell'opera a nome della "Società" di cui faceva parte, dicendosi convinto che un libro del genere si prestasse meglio ad una fruizione collettiva.[91] Un altro pensatore, ma decisamente visionario, scrisse a De Gubernatis nel 1879: si tratta di Aleksandr Ljubavskij, un polacco perfettamente inserito nell'apparato di potere zarista, che ai tempi delle riforme di Alessandro II aveva rivestito il delicato ruolo di presidente della commissione giuridica per il Regno di Polonia. Motivo della lettera di Ljubavskij era la promozione di una quantomai bizzarra iniziativa personale per risolvere il conflitto tra lo stato italiano ed il Vaticano, nell'intento di ristabilire l'irrinunciabile potere temporale dei papi:

    Toula (Russie) 1 Septembre 1879

    Votre Excellence!

    Monseigneur le Rédacteur-Général!

    Je suis Associé-Correspondant de la "Societé Bibliographique à Paris", et auteur du projet, que le Saint-Père le Pape doit: 1) prendre l'île de Sardaigne, au échange de Rome, (oů il est "Captivus cum omni Eclesia Catholica in <Laterano?> et in Vaticano ad infamiam religionis"), et 2) régner dans cette île en Souverain Indépendant. Après cela l'Italie pourra redevenir Empire Romain à Rome, si elle s'annexe Tripoli, le Sahara, ou l'Egypte, ou une partie de l'Asie Mineure (<V... facta> resurgat in Roma novum Imperium Italianum Romanorum).

    Ce projet peut mettre d'accord les patriotes et les bons catholiques [...].

    Chevalier Alexandre de Lubawsky[92]
  1. Vedi a questo proposito la difesa di Dragomanov sulle pagine della «N.A.» ("Rass.lett.stran.", mag.1881, cit. ).
  2. «N.A.», "Rass.lett.stran.", sett.1879, pp.367-372.
  3. «N.A.», "Rass.lett.stran.", ott.1879, pp.749-750.
  4. Fibra , pp.109-110.
  5. Cfr. Fibra , p.121; nonostante i contatti precoci del 1859, alla BNF sono conservate lettere di Mickiewicz solamente a partire dal 1878.
  6. "Illustri stranieri in Firenze", ibid. , gen.1873, pp.388-390.
  7. "Gli stranieri in Italia", in «Riv.eu.», mar.1870, p.111: «Il Conte Ladislao Chotomski pubblicò a Venezia presso il Münster un volume di 212 pagine, sotto lo strano titolo: Due civilizzazioni: Ariâ-Europea-Slava e Turano-Asiatica-Russa, studio etnologico-storico . Povera etnologia e povera storia»! Come si è visto, De Gubernatis ebbe modo di criticare più volte gli eccessi nazionalistici dei polacchi, e in particolari le teorie farneticanti di Duchiński. Furono proprio libri come questo di Chotomski ad alienare in parte le simpatie di De Gubernatis per i polacchi.
  8. T.Lenartowicz, Sur l'article de M.Danilewski..., cit.
  9. Vedi A.De Gubernatis, Illustri stranieri in Italia: Teofilo Lenartowicz , in «Riv.cont.», feb.1869, pp.244-246.
  10. "Letteratura straniera": [3 poesie di T.Lenartowicz], in «Riv.cont.», mag.1869, pp.252-257.
  11. Lettere inedite a Galileo Galilei raccolte dal Dott. Arturo Wolynski, in «Riv.eu.», ago.1872, pp.502-526; ott.1872, pp.320-342; nov.1872, pp.521-530; mar.1873, pp.175-181.
  12. Vedi Cronia, La conoscenza, cit. , p.463.
  13. A.Wolynski, "Cronaca letteraria polacca", in «Riv.eu.», dic.1870, pp.167-173.
  14. Vedi M.Bersano Begey, L'Accademia Adamo Mickiewicz di Bologna e Teofilo Lenartowicz , in «Ricerche slavistiche», vol.IV, 1955-1956, pp.31-46.
  15. ibid. , p.38.
  16. ibid. , p.37.
  17. A.Wołyński, Firenze il 17 luglio 1880, BNF, cart.DG, 133,92.
  18. Cfr. Diz. : «Nel 1863 e 1864 il Governo nazionale profittando delle sue relazioni estese colla prelatura e diplomazia, lo nominò Segretario dell'Agenzia e poi Agente diplomatico a Roma. Questa carica gli inimicò il cardinale Antonelli, il quale dopo la morte del cardinale D'Andrea avendo scoperto il carteggio di questo porporato col Kulczyscki, nel 1868 lo mandò in esilio» ( Diz ., p.1192). Si dice anche che Kulczycki fu corrispondente del "Giornale di Posen", senza però alcuna precisazione a riguardo.
  19. Włodzimierz Czacki (1835-1888), in gioventù scrittore e pubblicista, fu cardinale influentissimo, braccio destro di Pio IX e responsabile diplomatico della Santa Sede.
  20. Zygmunt Kaczkowski (1825-1896) autore di romanzi storici assai popolari all'epoca, viveva esule a Parigi. Cfr. Diz. (pp.1188-1189): «Avendo presa parte attiva nel movimento nazionale del 1863-1864, non ebbe tempo di occuparsi della letteratura, e si compromise dinanzi il Governo Austriaco. Prese dunque la via dell'esilio, il quale per lui doppiamente fu penoso, perché molti dei patrioti l'accusarono di tradimento».
  21. W.Kulczycki, Perugia 30 luglio 1888, BNF, cart.DG, 71,68. Per la verità, sul Dizionario la questione del "Giornale di Posen" era stata raccontata proprio nella nota, evidentemente autobiografica, di Wołyński: vi si legge che durante il suo soggiorno a Roma, Wołyński «Finalmente fu scoperto come autore della "Storia della spedizione del Garibaldi nel 1867" pubblicata nel Giornale di Posen , ed allora il governatore di Roma nel marzo 1869 gl'ingiunse di abbandonare immantinente lo Stato, ma siccome il Wolynski non voleva partire spontaneamente e si ritirò in Albano, colà fu inprigionato e per forza portato al confine dello Stato a Terni, e così per la seconda volta dovette prendere la via dell'esilio» ( Diz. , p.1072).
  22. W.Kulczycki, Perugia 7 agosto 1888, BNF, cart.cit.
  23. ibid. Indicativa anche la lettera scritta a Roma il 14 aprile 1889: Kulczycki aveva portato a Montecassino "il mio figlio di 14 anni Sigismondo al collegio dei benedettini. Egli ha fatto una malattia <…> ed aveva bisogno di cambiar aria, come anche di essere liberato dai cattivi compagni e dalla canaglia, di cui le scuole pubbliche sono ora piene a Roma" (BNF, cart.cit.).
  24. L'unica versione dal polacco pubblicata dalla rivista fra il 1869 e il 1876 è quella di una poesia del già citato Kulczycki, Elegia antica (alla poetessa italiana Alinda Bonacci-Brunamonti dopo una passeggiata alle sorgenti del Clitumno) , tradotta da Ettore Marcucci («Riv.eu.», ago.1873, pp.502-506).
  25. Per quanto riguarda la polonistica, si segnalano soltanto due Lettres de Varsovie firmate W.Oswiecim («Rev.int.», IV,5, 25 nov.84, pp.701-711; V,2, 10 gen.1885, pp.269-282).
  26. E non si conservano alla BNF lettere di Mickiewicz a DG anteriori al 1878. Del resto, in generale i carteggi conservati nell'archivio di DG molto raramente comprendono lettere anteriori al 1869. È probabile che negli anni giovanili DG non abbia avuto la possibilità, o l'intento, di mantenere un archivio.
  27. W.Kulczycki, Perugia 27 settembre 1888, BNF, cart.cit.
  28. W.Kulczycki, Roma 25 febbraio 1889, BNF, cart.cit.
  29. Vedi W.Mickiewicz, [Paris], 1878, BNF, cart.cit.
  30. W.Mickiewicz, 28 déc. 78, BNF, cart.cit.
  31. W.Mickiewicz, Paris 22 février 1879, BNF, cart.cit.
  32. W.Szymanowski, Varsovie, le 6 Février 1879, BNF, cart.DG, 119, 64. Vedi anche "Redakcja Kuriera Warszawskiego" [W.Szymanowski], Warszawa, 22 Février 1879, BNF, cart.DG, 71,73.
  33. A.Wołyński, Firenze, s.d., BNF, cart.DG, 133, 92.
  34. De Gubernatis venne informato di ciò da una lettera di Wołyński, il quale, recatosi a Cracovia per partecipare al congresso degli storici polacchi, aveva appreso la notizia direttamente dallo Szymanowski (A.Wołyński, Firenze il 17 Luglio 1880, BNF, cart.cit.).
  35. W.Szymanowski, Varsovie 20/12 83, BNF, cart.DG, 119, 64.
  36. A.Miçkiewicz, Roma: Fragments inédits , [intr. di W.Mickiewicz], in «Rev.int.», I,4, feb.1884, pp.545-554. Qualche anno prima De Gubernatis aveva segnalato sulla «N.A.» un libro di Władysław Mickiewicz dedicato ad un altro aspetto della biografia italiana del padre Adam: «l'Italia non può dimenticare la Polonia e deve rivendicarne con calore la libertà nel Congresso della pace. Ci comandano tale ufficio solenne le recenti onoranze che si fecero in Roma alla memoria del sommo poeta polacco Adam Mickiewicz, per riconoscenza verso quel glorioso drappello polacco ordinato nel 1848 per combattere la guerra lombarda della nostra indipendenza, e della quale il figlio Ladislao ha impreso, con duplice carità di figlio e di patriotta, a raccontarci la storia in un Mémorial de la légion polonaise de 1848 , del quale abbiamo sott'occhi il primo volume (Paris, Librairie du Luxembourg)» («N.A.», "Rass.lett.stran.", mag.1877, p.233).
  37. H.Sienkiewicz, Michelin. Nouvelle , «Rev.int.», I,6, mar.1884, pp.867-887.
  38. W.Mickiewicz, Paris, 19 januar 1884, BNF, cart.DG, 87,17. Si tratta, ad ogni modo, della prima traduzione da Sienkiewicz prodotta in Italia. La moda di Sienkiewicz sarebbe scoppiata solo alcuni anni dopo, in seguito alla prima, fortunata traduzione in italiano di Quo vadis? , quella di Federigo Verdinois (vedi A.Cronia, La conoscenza, cit. , p.541).
  39. W.Mickiewicz, Paris, 13 février 1884, cart.cit.
  40. ibid.
  41. A Skierniewice, nella Polonia zarista, si era svolto nel 1884 un convegno dei "tre cesari", gli imperatori di Russia, Austria e Germania, nel tentativo, infruttuoso, di giungere ad un accordo sul destino dei Balcani. Nonostante il nulla di fatto, l'incontro venne visto come il segno dell'armonia dei tre imperatori sulla necessità di impedire e controllare il risveglio di qualunque aspirazione nazionale tra i popoli slavi.
  42. J.Siemieński, Paris ce 23 Sept. 84, BNF, cart.DG, 116,25. In quanto a Mickiewicz, l'articolo di Lamanskij lo spingeva a rammentare i tempi non lontani in cui il paese era diviso e in parte sottomesso a stranieri: «Il me semble qu'un Italien ne devrait admettre contre la Pologne ni contre aucune autre nation asservie rien qu'il n'eut pas admis qu'un Polonais, par exemple, publiait avant 1859 contre l'Italie. Rappelez-vous les affirmations tedesques que la frontière de l'Italie finit au Mincio […]»? (W.Mickiewicz, Paris 13 octobre 1884, BNF, cart.cit.).
  43. A.Mickiewicz, Gli Avi , versione dal polacco di A.Ungherini, in «Riv.cont.», set.1888, pp.371-385.
  44. U.Norsa, Al maestro Giovanni Matejko , dal polacco di A.Cybulska, «Natura e arte», III,1, 1 dic.1893, pp.59-61; L.Orsini, Canti popolari (dal polacco) , ibid. , p.61; E.Kochanowski, dai Treni elegiaci: Treno VIII , versione dal polacco di L.Orsini, ibid. , IV,21, 1 ott.1895, p.719.
  45. Vedi Albo di onoranze internazionali a Cristoforo Colombo, inziato da Angelo De Gubernatis e Cecilio Vallardi, Roma-Milano, 1892, pp.236-265.
  46. Alla BNF, sparse tra le cassette miscellanee dell'archivio De Gubernatis, si trovano le traduzioni italiane dei contributi polacchi alla pergamena, redatte in bella copia "dal conte Ladislao Kulczycki", insieme ad alcune traduzioni autografe degli autori stessi (vedi Catalogo in appendice). In quanto agli autografi originali in polacco, De Gubernatis li depositò, insieme a tutti gli altri autografi pervenutigli, nell' "Albo di autografi" alla Biblioteca di Brera, a Milano.
  47. W.Kulczycki, Roma, 1 aprile 1892, BNF, cart.cit.
  48. S.Tarnowski, Cracovie 12 Avril 92, BNF, cart.DG, 120,54.
  49. Vedi W.Kulczycki, Rome, le 25 mai 1892, BNF, cart.cit.; vedi anche F.Olszewski, le 1 Juin 92, BNF, cart.DG, 156,1, f.271 [riviste].
  50. W.Zieliński, Varsovie, le 5.VI 1892, BNF, cart.DG, 71,40.
  51. W.Zieliński, Varsovie le 16/6 1892, BNF, cart.cit.
  52. ibid.
  53. Aleksandr Izvol'skij (1856-1919) era il ministro degli esteri russo.
  54. W.Kulczycki, Perugia 27 settembre 1888, BNF, cart.cit.
  55. W.Kulczycki, Roma, 21 giugno 1889, BNF, cart.cit.
  56. A.DG, Discorso pronunciato per l'inaugurazione del circolo italo-polacco F.Chopin il 28 maggio 1912 , Roma, 1913.
  57. A.Èerep Spiridović, Paris li 27 Ottobre 1906, BNF, cart.DG, 136,1 [Accademie], f.246.
  58. Vedi Lega Latino-Slava, Sezione Italiana, Manifesto [manoscritto di DG], BNF, cart.136,1 [Accademie], ff.35/39. «La nuova Italia, che è sorta in nome della nazionalità, non può e non deve far altro che aiutare moralmente ogni popolo oppresso a riacquistare la coscienza della propria personalità e della propria integrità» ( ibid. ). Le simpatie di De Gubernatis per ideali associazioni latino-slave risalivano già a molti anni. Persino in un'opera del 1905-1906 intitolata Dictionnaire international des écrivains du monde latin la sua propensione verso il mondo slavo fece sì che nel libro siano rappresentati numerosi intellettuali slavi, naturalmente accomunati da studi, traduzioni od opere letterarie alle culture latine.
  59. Vedi [DG], Polonia , «Cronaca del Movimento pacifista», I,1, pp.30-31; Id., Polonia , ibid. , I,2, pp.16-18.
  60. ibid. , p.5.
  61. «E, da quel dì, sul cembalo, frequente,
    La marcia funeral che per sé scrisse
    Chopin , vibrò da l'anima dolente
    De la mia donna, come se venisse
    Altri a chiamarla dolorosamente...»
    (A.DG, Sofia. Ricordo elegiaco II Novembre MDCCCCVII , Firenze, 1907, p.16).
  62. J.I.Kraszewski, Dresde, 12 août 1883, BNF, cart.DG, 71,54.
  63. Kraszewski attendeva di risolvere definitivamente i guai con la giustizia tedesca per emigrare prima in Italia, quindi in Svizzera, dove rimase fino alla morte.
  64. È di particolare interesse questa opinione di un uomo noto per le sue battaglie politiche, nelle quali non aveva mancato di scontrarsi con russi e prussiani per difendere la propria nazionalità. De Gubernatis, che più volte aveva notato con fastidio l'eccessivo nazionalismo di molti polacchi, condivise sicuramente queste righe concilianti.
  65. J.I.Kraszewski, Dresde, 17 novembre 1883, BNF, cart.cit.
  66. «N.A.», "Rass.lett.stran.", apr.1878, pp.774-776.
  67. A.Cronia cita in particolare l' Appello alle donne italiane apparso sulla «Vita internazionale» (A.Cronia, La conoscenza, cit. , p.488).
  68. BNF, cart.DG, 149,1 [ill.], f.408.
  69. Vedi A.Asnyk, Cracovie 11 Septembre 1879, BNF, cart.DG, 5, 38.
  70. La sua tenuta, Wróblewice, si trovava presso la minuscola cittadina di Dobrówlany, l'attuale Dobrovl'any (Ucraina occidentale), poco distante da L'viv.
  71. Tarnowski cercò di ritagliarsi un ruolo di orientalista e di esploratore dilettante, analogamente a quanto aveva fatto a cavallo fra Sette e Ottocento, sempre per sfuggire al tedio, Jan Potocki, la cui erudizione, intelligenza, capacità d'osservazione, però, erano di gran lunga maggiori.
  72. Il passaggio di Tarnowski da Firenze viene segnalato sulla «Rivista europea» del gennaio 1873 ("Illustri stranieri in Firenze", in «Riv.eu.», gen.1873, cit.
  73. W.Tarnowski, Naples, Belle Vue, 7.II.873, BNF, cart.DG, 120, 53.
  74. W.Tarnowski, Naples 15.II.73, BNF, cart.cit.
  75. J.Siemieński, Rome le 5 Mars 1873, BNF, cart.DG, 116,25.
  76. J.Siemieński, Rome le 6.Octobre 1873, BNF, cart.cit. Non ho trovato riscontro a proposito dei "ruteni di Lemberg" che avrebbero scritto a De Gubernatis in risposta ad Ukraino; è comunque facile immaginare che non si trattasse di ruteni "ucraini".
  77. ibid.
  78. W.Tarnowski, Cologne le 17 avril 873, BNF, cart.cit.
  79. W.Tarnowski, Wróblewice poste Dobrówlany le 3 Mai 873, BNF, cart.cit.
  80. ibid.
  81. Vedi W.Tarnowski, Partenope, 5.I.73, BNF, cart.cit.
  82. Vedi l'annuncio della pubblicazione, L.Leger, "notizie slave", in «Riv.eu.», mar.1876, p.198.
  83. W.Tarnowski, Wróblewice 5.7.76, BNF, cart.cit. Assieme a questa lettera è conservato un piccolo ritaglio di giornale (a penna è indicato trattarsi della "Gazeta Narodowa"), nel quale presumibilmente lo stesso Tarnowski segnalava l'attività polonistica della «Rivista europea»: «Warto zwrócić uwagę, że we Florencji wychodzi miesięcznik naukowo-literacki la Rivista europea , pod redakcią znakomitego poety włoskiego Angelo de Gubernatis, wielkiego przyjaciela Polaków. Miesięcznik ten, zalecający się wybornim kierunkiem, zajmuje się gorliwie sprawami piśmiennictwa polskiego i w każdym numerze umieszcza przeglądy ruchu książkowego i dziennikarskiego w Polsce. Angelo de Gubernatis napisał świeżo dramat "Romulus", który z wielkiem powodzeniem obiega sceny włoskie».
  84. Vedi W.Tarnowski, lett. s.d., Przemyśl [1876], BNF, cart.cit.
  85. Vedi DG, Lettere di viaggio , in «Riv.eu.», nov.1876, pp.417-428; «N.A.», "Rass.lett.stran.", ott.1879, p.749.
  86. T.Lenartowicz, Firenze 26 Novembre 78, BNF, cart.DG, 75, 26. Lenartowicz aveva dedicato un piccolo articolo ai viaggi esotici di Tarnowski in un fascicolo del 1875 della «Rivista europea» (vedi T.Lenartowicz, Ladislao Tarnowski in Oriente , in «Riv.eu.», lug.1875, pp.223-228.
  87. «N.A.», "Rass.lett.stran.", lug.1878, pp.157-161.
  88. «N.A.», "Rass.lett.stran.": Ladislao Tarnowski , lug.1878, pp.157-161; Fibra , p.294.
  89. BNF, cart.DG, 10,96.
  90. "Monsieur! En repondant à Votre aimable appel j'ai l'honneur de Vous envoyer une notice sur mes derniers travaux littéraires" (Cracovie le 21 Novembre 1887, BNF, cart.DG, 10,54).
  91. A.Cieszkowski, Posen, 1879, BNF, cart.DG, 76,13.
  92. A.Ljubavskij, Toula, 1 septembre 1879, BNF, cart.DG, 77,58.

 

На Растку објављено: 2008-07-01
Датум последње измене: 2008-07-01 13:40:11
 

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